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Contrordine: la restrizione calorica riduce la mortalità anche nei primati

Contrordine: la restrizione calorica riduce la mortalità anche nei primati
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La restrizione calorica è un mezzo efficace per ridurre la mortalità anche nei primati. Il risultato, che contrasta con un recente lavoro che aveva negato l’influenza di un regime alimentare con ridotto apporto di calorie sulla durata della vita dei macachi, è frutto di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università del Wisconsin a Madison, che in un articolo pubblicato su “Nature Communications” offrono una spiegazione di questi risultati apparentemente contraddittori.

La restrizione calorica è uno degli interventi più efficaci per ritardare l’invecchiamento e l’insorgenza di molte malattie correlate all’età in una vasta gamma di organismi, dai lieviti ai mammiferi. Era però ancora in dubbio se gli effetti benefici della restrizione calorica valessero anche nel caso dei primati, poiché le ricerche avevano dato risultati poco chiari e addirittura contrastanti.

Lo studio attuale ha preso in esame 76 esemplari di macaco reso – 38 dei quali sottoposti a una restrizione dietetica e altrettanti usati come controlli – ospiti del Wisconsin National Primate Research Center, seguendoli a dal 1989 al 2013. I risultati ottenuti da Ricki J. Colman e colleghi coincidono sostanzialmente con quelli della precedente ricerca che indicava l’esistenza di un effetto benefico: in ogni momento della vita adulta i soggetti di controllo avevano un rischio di morte per tutte le cause 2,9 volte superiore a quello degli esemplari sottoposti a una restrizione calorica del 30 per cento circa, rischio che aumentava a 3,63 volte se si considera solamente la morte per malattie correlate all’età.

Cercando di capire le ragioni della discrepanza con lo studio che negava i benefici di un ridotto apporto calorico, i ricercatori hanno scoperto una significativa differenza nelle diete degli esemplari di controllo.

Nello studio di Colman e colleghi i macachi di controllo non erano sottoposti ad alcuna restrizione e potevano nutrirsi quanto desideravano, in modo da riprodurre condizioni di alimentazione analoghe a quelle dell’essere umano. Nell’altro studio i controlli erano invece già sottoposti a una limitazione, potendo contare solo una quantità di cibo adatta a una dieta “sana e bilanciata”: confrontando il peso di questi controlli con quello medio degli altri esemplari in cattività negli Stati Uniti risultavano già sottopeso. Questo, concludono gli autori, potrebbe spiegare perché la restrizione calorica supplementare nel gruppo esaminato abbia avuto poco o nessun effetto benefico aggiuntivo.