PIRUVATO

0

Sportman & Fitness – agosto 2004

Il Piruvato è un composto normalmente presente nel nostro corpo sotto forma di acido piruvico. L’acido piruvico è un derivato del metabolismo del glu-cosio così che l’organismo quanto metabolizza i cibi (carboidrati e aminoacidi) produce acido piruvico.

L’acido piruvico è contenuto in certi frutti e verdure, come per esempio le mele rosse che ne contengono circa 450 mg. e anche certi formaggi, il vino rosso e la birra nera hanno un alto contenuto in acido piruvico.

Il Dott. Ronald T. Stanko, professore associato dell’Istituto di Gastroenterologia e Nutrizione Clinica dell’Università di Medicina di Pittsburgh,  ha trovato la maniera di produrre e stabilizzare l’acido piruvico aggiungendo calcio e sodio. Il risultato è stato un nuovo prodotto conosciuto come Piruvato.

La funzione del Piruvato riguarda principalmente il metabolismo energetico a livello cellula-re. Normalmente il corpo produce acido piruvico a partire dal metabolismo dei carboidrati; ogni singola molecola di glucosio che l’organismo utilizza a scopo energetico produce due molecole di acido piruvico; dopo di che l’acido piruvico può entrare nel mitocondrio, dove, in presenza di ossigeno, viene ulteriormente metabolizzato per produrre ATP nel Ciclo di Krebs. L’ATP è la molecola energetica per antonomasia. Il nostro organismo usa l’ATP come trasportatore di energia, ed il piruvato in questo senso aumenta le riserve di ATP a livello cellulare, stimolando la respirazione cellulare.

E’ ovvio che una molecola così importante nel metabolismo cellulare possa essere stata subito considerata un valido aiuto per stimolare il metabolismo cellulare.

Il Dott. Stanko ha quindi immediatamente voluto valutare la sua efficacia nel caso di soggetti obesi sottoposti a dieta.

Il Dott. Stanko (1992) ha effettuato uno studio a doppio ceco (“doppio ceco” significa che si prendono due gruppi di persone: un gruppo assume il prodotto che si vuole testare, l’altro gruppo assume un placebo, cioè un prodotto inerte, e, né le persone che fanno parte dell’esperimento né i medici stessi che seguono l’esperimento sanno qual è il prodotto vero e quale invece il placebo; ovviamente c’è poi qualcuno che conosce le sigle di riferimento). Egli ha effettuato questo studio con 14 donne obese alle quali è stato sommi-nistrata una dieta liquida di 1.000 Kcal insieme a 30 gr. di piruvato per tre settimane.

Le donne alle quali è stato somministrato il piruvato hanno perso il 37% di peso in più ed il 48% di grasso in più rispetto a quelle che assumevano il placebo.

In questo esperimento l’acido piruvico ha dimostrato la capacità di favorire la perdita di grasso preservando i tessuti muscolari.

Altri studi hanno dimostrato che il piruvato è in grado di aumentare la performance e ridurre le fatica. Questo effetto si attuerebbe tramite la capacità del piruvato di agevolare il trasporto del glucosio all’interno delle cellule muscolari. Il processo, conosciuto come “estrazione del glucosio” si riferisce alla quantità del glucosio che le cellule muscolari riescono ad estrarre dal sangue. Maggiore è la quantità di glucosio estratto e maggiore è la capacità di sostenere sforzi prolungati e ad alta intensità.

Studi clinici effettuati presso la facoltà di Medicina dell’Università di Pittsburgh e gli Abbot-Ross Laboratories hanno evidenziato come la supplementazione con il piruvato possa aumentare la resistenza fino al 20%. E’ questo un risultato interessante per tutti gli atleti impegnati in competizioni dove la resistenza è di fondamentale importanza. Biopsie muscolari e prelievi di sangue hanno dimostrato come questi risultati siano dovuti ad un migliore utilizzo del glucosio. Il miglioramento dell’utilizzo del glucosio ritarda la comparsa dei sintomi della fatica portando a migliori performances in gara. Inoltre aumentando la resistenza alla fatica, il piruvato consente di effettuare allenamenti più lunghi ed a più alta intensità.

Inoltre dati preliminari di alcuni studi indicano che il piruvato è in grado di aumentare l’utilizzo dei grassi a scopo energetico. Ma come è possibile tutto questo? Come può una sola sostanza avere contemporaneamente l’effetto di farti utilizzare di più sia gli zuccheri che i grassi?

Se siete a dieta e mangiate di meno vi aiuta a bruciare più grasso e a risparmiare le proteine, se invece mangiate di più vi aiuta ad utilizzare a livello muscolare le calorie in più e di conseguenza ad accumulare meno grasso.

Abbiamo già detto prima come il piruvato agisca stimolando quel processo conosciuto come “estrazione del glucosio”, cioè in pratica aumenta il trasporto del glucosio dal sangue all’interno all’interno della cellula muscolare aumentando le riserve di glicogeno. In questa maniera agisce da “agente di ripartizione nutrizionale a livello cellulare” cioè indirizza i nutrienti, in questo caso il glucosio, verso la cellula muscolare piuttosto che verso la cellu-la adiposa, cosicché a pari apporto di calorie si hanno più muscoli e meno grasso. E questo meccanismo è alla base del mantenimento del peso perduto nei soggetti che hanno perso peso durante la dieta ipocalorica e continuano ad assumere piruvato che permette a loro di non recuperare il grasso perso come avviene nella stragrande maggio-ranza delle perdite di peso in seguito a dieta ristretta.

Ma guardiamo ora come il piruvato aiuta a bruciare più grassi quando si è a dieta ipocalorica. Quindi dobbiamo tornare alla nostra biochimica per cercare di capire questi complicati meccanismi energetici.

Come si può vedere dalla “tabella 1” il piruvato è un prodotto intermedio del metabolismo del glucosio e degli aminoacidi. In dieta stretta ed in condizioni di ipoglicemia poco glucosio arriva alla cellula e di conseguenza c’è una carenza di piruvato con rallentamento del Ciclo di Krebs, che significa minore capacità di bruciare gli Acetil-CoA che derivano dalla beta-ossidazione degli acidi grassi; è da questo concetto che deriva il detto “i grassi bruciano al fuoco del carboidrati”. Questo appunto perché se ci sono pochi zuccheri, c’è poco piruvato e quindi poco ossalacetato che non si può unire all’Acetil-CoA proveniente dagli acidi grassi e formare l’acido citrico, che è appunto la prima tappa del Ciclo di Krebs (tabella 2), cioè il sistema ossidativo in grado di bruciare sia gli zuccheri che i grassi in presenza di ossigeno, in maniera aerobica. Inoltre in situazioni ipoglicemiche, prevalendo gli ormoni proteolitici, quali adrenalina, cortisolo, glucagone, vi è una disponibilità di aminoacidi, soprattutto alanina, che verranno convertiti in piruvato per cercare di mantenere efficiente il Ciclo di Krebs e produrre abbastanza energia. Questo vuol dire che praticamente ci mangiamo i muscoli, tramite la neoglucogenesi (Tabella 3).

E’ ovvio che la somministrazione di piruvato come supplemento causa una maggiore concentrazione diretta del substrato a livello cellulare in grado di limitare questa riduzione dell’efficienza del Ciclo di Krebs e permette quindi di continuare a “bruciare i grassi al fuoco del piruvato” risparmiando le proteine.

Ma esiste un altro meccanismo attraverso il quale il piruvato permette di bruciare più grassi durante una dieta ipocalorica. E’ comunemente accettato anche dalla Comunità Scientifica che una dieta ipocalorica dopo un certo periodo di tempo (in media sei settima-ne) smette di funzionare, cioè il soggetto continuando con lo stesso regime calorico non registra più la stessa perdita di peso ovverosia l’organismo pare “assuefarsi” alla dieta e non risponde più nella stessa maniera.

Normalmente in queste situazioni si è soliti dire che si è “abbassato il metabolismo”, ma il metabolismo da quale ormone è soprattutto regolato? Senz’altro dall’ormone tiroideo che tra l’altro regola la temperatura basale e la termogenesi. Tutti coloro che hanno fatto una dieta stretta avranno sperimentato la maggiore sensibilità al freddo che si crea in questa situazione.

In effetti se ci misuriamo la nostra temperatura basale al mattino a digiuno troveremo che si è abbassata, e questo è un male se si vuole bruciare i grassi perché sono il carburante d’elezione ad uso termogenetico.

Ci aspetteremmo quindi di trovare una diminuzione della produzione da parte della tiroide di ormone tiroideo ma nella realtà questo meccanismo non avviene in maniera tale da giustificare la riduzione del metabolismo. La causa di tutto ciò deve quindi trovarsi a livello periferico nella capacità del fegato di trasformare la tetroiodiotironina (T4) in triiodiotironina (T3). La tiroide secerne per l’80% ormone inattivo T4 ed il 20% di ormone attivo T3. La maggior parte del T3, che è appunto l’ormone realmente attivo viene prodotta a partire dal T4 soprattutto nel fegato che immettendo poi l’ormone in circolo assume così il ruolo di secondo regolatore del metabolismo termogenetico.

Qual è il meccanismo col quale si abbassa la conversione di T4 in T3 a livello del fegato? Potrebbe essere una inibizione diretta a livello dell’enzima 5-deiodasi, deputato a questa conversione, ed un livello molto basso di glutatione inibirà il 5-deiodasi, ma se noi assumiamo abbastanza glutamina, cisteina e glicina sotto forma di integratori o di proteine che le contengono, il nostro organismo non avrà carenza di precursori per il glutatione (glutatione = gamma-glutanil-cisteinil-glicina).

Senz’altro è stato dimostrato che la quantità di carboidrati nella dieta influenza notevol-mente i livelli di T3, diminuendoli in maniera significativa.

Normalmente quando il T4 entra nel fegato si distribuisce negli spazi extra-cellulari intorno alle cellule epatiche. Quando si assumono meno carbidrati e si segue una dieta ipocalori-ca, il T4 extra-cellulare smette di attraversare la membrana cellulare e di essere quindi convertito in T3 nella cellula epatica. Due ragioni sono alla base di questo fenomeno:

1) la diminuzione di ATP causata da un diminuito livello energetico cellulare che limita il trasferimento attivo dell’ormone T4 attraverso la membrana cellulare, cioè non c’è abbastanza ATP per tirare dentro il T4;

2) la diminuzione della flessibilità della membrana cellulare che viene alterata dagli acidi grassi non esterificati (NEFA). I NEFA prodotti in gran quantità dalla lipolisi del tessuto adiposo durante una dieta molto ipocalorica provocano una maggiore riduzione del T3 rispetto ad una dieta moderatamente ipocalorica anche per questo meccanismo oltre che per una più marcata riduzione a livello di ATP cellulare.

Sospendere la dieta per 5 giorni e ritornare ad una dieta normo-calorica permette al fegato di ricostituire le sue riserve di glicogeno e la sua capacità di sintesi di ATP, ma il problema è che è difficile capire esattamente qual è il livello isocalorico esatto per innescare il meccanismo di riconversione e c’è quindi il rischio o di non mangiare abbastanza per ri-stimolare il T3 oppure di mangiare troppo e ingrassare di nuovo.

Ed ecco qui che arriva in aiuto il nostro Piruvato!

Esistono vari substrati energetici che possono essere utilizzati dal fegato per produrre ATP nel fegato, ma il migliore di tutti è il piruvato. Sono stati fatti vari studi utilizzando vari substrati energetici per mantenere in vita cellule epatiche in provetta: glucosio, taurina,   ottaonato (che è il componente C8 degli MCT) hanno dimostrato di avere buona capacità di produrre ATP a livello della cellula epatica, ma il piruvato è quello che ha dimostrato maggiori capacità nella produzione di ATP: mantenendo le cellule epatiche in provetta vive per due settimane anziché pochi giorni come nel caso del glucosio. Addirittura gli stessi substrati del Ciclo di Krebs teoricamente più vicini alla formazione di ATP, come il succina-to, non producono così tanto ATP.

Abbiamo visto precedentemente i risultati dell’integrazione di piruvato nel corso di diete ipocaloriche in soggetti obesi negli studi del Dott. Stanko e probabilmente questi risultati sono dovuti ai meccanismi di stimolo della respirazione cellulare ed al mantenimento della termogenesi indotta dal T3.

Negli studi del Dott. Stanko sono stati utilizzati circa 30 gr. di piruvato, un dosaggio franca-mente alto per un integratore e recentemente il Dott. Stanko ha suggerito un dosaggio più basso vicino ai 5 grammi al giorno.

In un recente studio (D. Kalman et al. “Effetti del piruvato nella composizione corporea” Current Therapeutic Research 1998) 6 grammi di piruvato al giorno hanno indotto una diminuzione del 12% del grasso corporeo in individui sovrappeso. Inoltre i soggetti dell’esperimento hanno registrato un aumentato livello di vigore ed una diminuzione del senso di fatica. Resta da dimostrare se il piruvato può avere gli stessi effetti sul grasso corporeo in persone con bassi livelli di grasso corporeo, ma studi ancora in fase prelimina-re sembrano confermarlo.

E l’acido lipoico di cui abbiamo tanto parlato  precedentemente e che abbiamo collegato all’acido piruvico?

Ebbene dovete sapere che l’acido lipoico oltre ad essere, come il piruvico, potente estrat-tore di glucosio e un antiossidante, è la componente attiva del sistema di carbossilazione ossidativa (piruvato deidrogenasi) che trasforma il piruvico in Acetyl-CoA permettendo a tale substrato di attivare il Ciclo di Krebs ed esercitare così la sua azione di stimolo della respirazione cellulare. Considerando che la carbossilazione ossidativa ad opera della piruvato-deidrogenasi è 4 volte più efficace dell’enzima piruvico-decarbossilasi normalmente preposto alla trasformazione dell’acido piruvico in Acetyl-CoA, possiamo dire che l’acido lipoico quadruplica la potenza dell’acido piruvico ottimizzando al massimo il suo utilizzo al fine di produrre ATP. Se inoltre consideriamo che l’enzima piruvico-decarbossilasi è inibito ad un PH acido, cioè in presenza di acido lattico, possiamo già capire come diventi importante l’acido lipoico soprattutto in presenza di acido lattico, cioè negli sport anaerobici lattacidi come il Body Building, permettendo comunque al Ciclo di Krebs di funzionare al meglio bruciando la maggior quantità di grasso possibile.