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PROFILO DI UN CAMPIONE (di Marcello Migliosi)

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Body’s Magazine – Raccolta Volume 1 (1987-1988)

Spattini. Andai da un fabbro, insieme ad un mio amico. Ci facemmo fare dei pesi ed un bilanciere rudimentale…Eh!! Si, erano bei tempi, allora. Molta voglia di fare e tanti sogni.

D. Diciamo che per te i sogni sono diventati realtà. A cosa devi il tuo successo? L’inizio non fu proprio spartano…

R. I mezzi erano pochissimi. Anche quelli fisici direi…

D. Perché?

R. Pesavo solo sessanta chilogrammi, sembravo uno spillo, vista la mia altezza.

D. Facevi sport?

R. Si, in realtà mi sono avvicinato alla cultura fisica per esigenza: volevo potenziarmi per migliorare il mio sport di allora. Ero campione provinciale, a diciassette anni. La svolta decisiva però, arrivò dopo un grave incidente di moto. Per un lungo periodo non potei praticare alcuno sport tranne quello della cultura fisica.

D. Hai avuto subito dei risultati concreti?

R. Si, naturalmente compatibili con le scarse conoscenze di metodologie di allenamento e di scienza dell’alimentazione.

D. Era quindi ovvio studiare la fisiologia, la biochimica ed altro?

R. Certamente, spinto da un desiderio fortissimo, direi incontenibile, di migliorare, dopo la maturità mi iscrissi alla facoltà di Medicina e Chirurgia.

D. E’ stato anche un investimento a lunga scadenza?

R. Direi di si, intravedevo già da allora la possibilità di aprire una mia palestra, dove poter operare soprattutto sulla base delle nozioni scientifiche che avrei appreso in facoltà.

D. Ti stai specializzando?

R. Si, in medicina dello sport presso l’università di Rieti, con il prof. Vecchiet.

D. Ciò che ti affascina di più è comunque la scienza dell’alimentazione vero?

R. Ho cercato di studiare e di prepararmi particolarmente in questa branca. Sono anche stato interno al centro obesi del Prof. Strata, dietologo di fama internazionale, in forza all’ospedale di Parma.

D. Come hai conciliato lo studio con lo sport?

R. mi ricordo di un particolare che tutt’ora mi fa sorridere, preparai l’esame di patologia medica studiando mentre facevo gli addominali, in preparazione della gara dei campionati regionali emiliani.

Erano i tempi della dieta “carne ed acqua”, Massimo Spattini già da allora, scandalizzando i “professori” dell’epoca, sosteneva che si trattava di una vera ed autentica assurdità fisiologica togliere i carboidrati per un così lungo periodo. Scatta infatti, un processo che va sotto il nome di neoglucogenesi che prevede la trasformazione di proteine in glucosio, necessario nei lavori muscolari. Questo andava, ovviamente, a discapito della massa muscolare. Vinsi, sostiene Massimo, la gara proprio perché ero il più definito di tutti, e mangiavo “scandalizzando” pasta e pane.

D. A che peso hai gareggiato?

R. Ero nei massimi e pesavo appena ottantadue chilogrammi. L’anno successivo aprii la palestra in società con Renato Caleffi e Natale Conforti, mio amico d’infanzia.

D. Renato era a quei tempi allievo di Curtarelli?

R. Sì e dopo la gara venne a chiedermi chiarimenti sulle mie teorie: questa è la storia del millenovecentoottantadue. Ci fu poi un periodo di stasi, dovuto al fatto che partii militare come ufficiale nell’arma dei carabinieri. Dopo la laurea andai in California, ebbi la fortuna di allenarmi con Samir Bannout per un mese. Questo mi ha permesso di acquisire determinate conoscenze e altresì ricevere degli stimoli nuovi.

D. Hai vinto la notte dei campioni?

R. Sì, nell’84. Proprio al ritorno dalla California. Quasi per dimostrare a me stesso ed agli altri che in realtà non ero “spacciato” come si credeva in giro. L’anno successivo, a Mestre, mi classificai quarto ai campionati italiani. Nell’86, a Padova, invece riuscii a cogliere il titolo  italiano, coronando un magnifico sogno. Bissai il successo nella “Notte dei Campioni”.

D. Ambizioni per il futuro?

R. Non ho mai avuto delle grandi pretese, del tipo diventare campione del mondo. So solo che, ultimamente, sono migliorato e che spero di poterlo fare ancora. La prossima volta per me è sempre un’avventura.

D. La tua storia alternativa, all’oggi agonista, ti vede come tecnico e come scienziato, dove vuoi arrivare?

R. Innanzitutto io credo che la posizione dello Spattini allenatore sia stata in secondo piano, subordinata all’atleta. L’input mi è sempre arrivato dal desiderio di migliorare me stesso. Ho semplicemente elargito le conoscenze che ho acquisito alle persone che mi erano vicine. L’imprenditoria è arrivata dopo, quasi inevitabilmente. Tutto è ancora quindi subordinato all’aspetto agonistico della mia vita.

Continuando il colloquio con il campione parmense abbiamo discusso di sociopatologia e body building. La nostra disciplina è stata spesso vituperata, troppo spesso intesa male e, soprattutto, nel passato mal concepita. Grazie all’opera di tantissimi pionieri, ora le palestre si riempiono di gente. Ora “fitness” è diventata una parola comune. Alle macchine ed ai bilancieri ora si può trovare chiunque, dalla massaia al ministro, dal parroco al campione di altri sport, oltre che al culturista vero e proprio.

Rimane ancora oggi, purtroppo, ad opera di certi mass media un’azione denigratoria nei riguardi del nostro sport… E’ anche vero, comunque, che spesso (e ciò è consolante) chi scrive è un “ipocinetico” incredibile e quindi non attendibile. Le aggressioni portate al nostro mondo da parte dei medici di enti sportivi, anche molto “importanti”, sono eziologicamente da ricercare nel fatto che il body building sta togliendo materiale a tantissime discipline. Tanto materiale umano che si riversa negli enti della cultura fisica e non negli altri. Un po’ business , un po’ invidia, chi più ne ha, più ne metta. Niente comunque fermerà la grande richiesta di movimento ed in questo senso l’abbordabilissima attività della cultura fisica avrà sempre vita felice, proprio per la sua impostazione e per la sua affidabilità medico-sociale.

Arrivando al concetto sociale della cultura fisica, il dottor Spattini ci ha fornito una serie di risposte piuttosto “toccanti”.

D. Il culturista è il povero del panorama sportivo?

R. In effetti remunerazioni non ce ne sono e la coppetta da diecimila lire mi sembra troppo spesso inadeguata.

D. Dove individui la soluzione?

R. E’ necessario che nel nostro sport arrivino gli sponsor. Bisognerebbe permettere ai nostri atleti di fare della pubblicità proprio perché mi sembra giusto che una persona che ha fatto tanta fatica per costruire il proprio corpo possa almeno usarlo poi per guadagnarci sopra. Sempre entro i termini della comune morale e soprattutto nel mondo sportivo. La cultura fisica ha la sua immagine, pesi, macchine, integratori, è giusto che di questo possa approfittare anche il bodybuilder stesso, che veicola tale pubblicità. Nelle altre nazioni, professionisti (e non) possono fare pubblicità, solo qui da noi questo non accade, non so bene perché. Bisogna aprire il mercato allo sponsor di settore. Al campionato regionale di dove volete voi, la salumeria Rossi, non fa pubblicità ma la ditta di integratori o di attrezzature certamente si.

Le federazioni non dovrebbero impedire tali iniziative.

D. Come vedresti un’unica federazione in Italia?

R. Sarebbe senz’altro un grande risultato, ma quanto mai utopistico, in quanto c’è troppa oligarchia nella gestione di “qualche” federazione. La FIACF in particolare.

D. Trovi quindi la FIACF come federazione non molto mobile in tal senso?

R. Maggiore elasticità ed adeguamento con i tempi che sono veramente cambiati, sarebbe a mio avviso “conditio sine qua non” per continuare la felice opera, svolta in tutti questi anni, a favore dello sviluppo e del raggiungimento di certi traguardi sportivi e sociali.

D. Un consiglio ed un tributo quindi alla federazione del Maestro Fassi?

R. Diciamo che come sempre, cercando di essere obiettivi, il riconoscimento per tanta storia è dovuto ed innegabile, ma è altrettanto vero che se i tempi sono cambiati è necessario che si inneschi un processo di adeguamento.

D. Quindi politica federativa e politica aziendale?

R. Effettivamente dovrebbero essere sempre due campi marcatamente separati. Cosa che purtroppo a volte non sempre si è verificata.