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RICARICA DEI CARBOIDRATI

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Sportman & Fitness – ottobre 1987

Nel mondo del nostro sport regna ancora tanta approssimazione per quanto riguarda l’approccio alla preparazione di una gara, che dovrebbe essere più scientifico invece che affidato al “sentito dire”.

Un argomento sul quale io stesso ho “sentito dire” le cose più assurde è la ricarica dei carboidrati pre-gara.

In questo campo c’è molta confusione: funziona? Quanto tempo prima? Quanti carboidrati, proteine, grassi? Quanta acqua? Quanto bisogna allenarsi? E il sodio, il potassio, la sauna, i diuretici?

Vediamo innanzi tutto di spiegare che cosa è questa ricarica dei carboidrati, o “carico di glicogeno”.

Il carico di glicogeno muscolare è una preparazione alimentare che porta ad un inconsueto ed elevato deposito di glicogeno nei muscoli.

Questo metodo è stato messo a punto grazie a ricerche scandinave (da cui il nome di “dieta dissociata” scandinava). Il suo obiettivo è quello di migliorare i risultati nel quadro di prestazioni intense e prolungate (oltre 90 minuti) prevenendo l’impoverimento eccessivo delle riserve di glicogeno e ritardando l’insorgere dell’esaurimento della capacità muscolare per mancanza del “carburante” ad alto numero di ottano, cioè più efficiente per i muscoli impegnati nello sforzo intenso.

Prendiamo in esame i metodi impiegati per caricare i muscoli di glicogeno. Il primo è la semplice manipolazione dietetica. Un individuo che segue una dieta iperglucidica per 3 o 4 giorni, può aumentare le riserve di glicogeno dai normali 15gr a circa 25gr per Kg di muscolo. Durante questo periodo non deve però essere eseguito alcun esercizio faticoso. Un secondo metodo di carico unisce l’esercizio alla dieta e consiste nell’affaticare inizialmente, mediante l’esercizio, i muscoli che dovranno poi essere caricati.

In seguito l’atleta si sottopone per alcuni giorni (3-4) alla dieta iperglucidica, raddoppiando in questo modo i depositi di glicogeno. Anche in questo caso non deve essere eseguito alcun esercizio fisico durante la dieta a base di carboidrati.

Un terzo metodo comporta l’esercizio fisico e due tipi di diete particolari. L’esercizio ha anche in questo caso la funzione di esaurire i depositi di glicogeno pre-esistenti, al fine di creare lo stimolo alla successiva supercompensazione. L’atleta segue per 3 giorni una dieta quasi priva di carboidrati e ricca di proteine, alla quale fa seguire per altri 3 giorni una dieta ad alto tenore di carboidrati e basso di proteine.

Nel corso della prima fase si devono, al solito, eseguire esercizi faticosi, nel secondo invece occorre riposare. Si è visto che questo metodo permette di raggiungere livelli di glicogeno intorno ad addirittura 50gr per Kg di muscolo!

All’inizio ho detto che più glicogeno nei muscoli migliora il livello di resistenza allo sforzo di tipo aerobico prolungato (maratona, sci di fondo, etc,….): ebbene, cosa ha a che fare la cultura fisica con questo? Cosa serve il carico di glicogeno per una gara? E’ presto detto: aumentando i depositi, mettiamo, dai normali 15 a 40gr per Kg di muscolo, un culturista di 80Kg con 40Kg di massa muscolare tratterrà nei muscoli 1Kg di glicogeno e 3 Kg di acqua (ogni grammo di glicogeno lega infatti circa 3 grammi di acqua dentro la fibra muscolare per effetto osmotico).

In questo modo un culturista si troverà come per incanto ad essere “più grosso” di 4Kg, e tutti nei muscoli. La trasformazione sarà spettacolare.

Uno dei segreti del pluricampione Lee Haney, come ci ha confidato nel suo recente soggiorno in Italia, è stato proprio il suo approccio scientifico alla gara con il metodo della ricarica.

Ma vediamo ora nei dettagli come è bene comportarsi per la ricarica nel contesto del bodybuilding.

Per quanto riguarda l’allenamento, nei tre giorni di “scarica” occorre frazionare l’allenamento in maniera da allenare l’intero corpo almeno due volte, le parti carenti anche tre, così si ricaricheranno maggiormente in seguito. L’allenamento deve essere lungo ed impegnativo, per impoverire completamente i muscoli di glicogeno (che, ricordiamo, è il “carburante” fondamentale degli sforzi anaerobici del bodybuilding) allenarsi con i pesi non serve a bruciare i grassi, neanche con ripetizioni elevate, contrariamente a quanto comunemente credono i culturisti. In pratica fate almeno 20 set di 20 ripetizioni per gruppo: si dovrà cioè intraprendere una quantità di lavoro superiore a quella cui si è abituati, per ottenere una supercompensazione. In questo particolare periodo è meglio non allenare gli addominali, per non favorirne una ricarica col risultato di ingrossare la vita. Durante i tre giorni di dieta iperglucidica ci si deve astenere dall’allenamento per permettere ai muscoli di ricaricarsi: è invece opportuno praticare le pose, poiché queste contrazioni richiamano ulteriormente il glicogeno nei muscoli tramite lo stimolo sull’enzima deputato a questo lavoro, cioè la glicogeno-sintetasi. Nei 3 giorni di scarica occorre ridurre progressivamente i carboidrati, passando dai 20% del primo giorno al 15% del secondo, ed infine al 10% del terzo. Il primo giorno la dieta deve essere normocalorica, gli altri due occorre ridurre l’apporto calorico globale del 20% circa, poiché la riduzione dei carboidrati ha l’effetto di abbassare il metabolismo basale. E’ bene non cercare di perdere grasso in questi giorni, perché un eccessivo deficit calorico, in assenza di carboidrati, creerebbe distruzione della massa muscolare: pertanto dovrete raggiungere la percentuale di grasso corporeo desiderata almeno una settimana prima della gara. Nei tre giorni seguenti, quelli della ricarica, occorre seguire una dieta ricca di carboidrati (circa l’80%).Questi carboidrati devono essere per la maggior parte complessi, dato che quelli semplici (glucosio-saccarosio) vengono facilmente trasformati in grassi, a causa dell’eccessiva produzione dell’ormone insulina. Un moderato apporto di fruttosio (max 20% delle calorie totali) è invece permesso, in quanto non necessita di insulina per entrare nei muscoli.

Per non alzare troppo l’insulina, inoltre, bisogna fare circa 7 piccoli pasti al giorno, uno ogni due ore, e ogni pasto deve avere sorgenti diverse di carboidrati, in modo da causare un assorbimento più lento e regolare.

D’altronde pasti così ravvicinati richiedono un rapido svuotamento dello stomaco: questo è un ulteriore motivo per limitare al massimo il consumo dei cibi contenenti grassi (questi infatti rallentano lo svuotamento gastrico). L’altro motivo è che in queste condizioni (elevato apporto di carboidrati) i grassi ingeriti saranno facilmente accumulati, rovinando almeno in parte i sacrifici che il culturista avrà fatto per definirsi. Pochi grassi quindi (max 10-15%), e un pasto si e uno no. Ma quanti carboidrati occorre mangiare per una ricarica ottimale?

Torniamo all’esempio del nostro culturista di 80 chili con 40Kg di massa muscolare. Nella fase di deplezione il livello di glicogeno si sarà pressoché azzerato: perciò, se si vuole arrivare al buon livello di 40 gr/Kg di muscolo, i muscoli dovranno essere riempiti con 40 x 40 = 1600 grammi di glicogeno (cioè 6400 calorie sotto forma di carboidrati, divise in tre parti = 2100 circa al giorno). Occorre aggiungere poi quelli necessari per il metabolismo basale e per un minimo di movimenti, cioè grosso modo altre 200 calorie al giorno. Alle calorie dei carboidrati aggiungeremo quelle delle proteine, 1 gr per chilo di peso: una quota maggiore in questa fase non è certo necessaria (il soggetto non si allena e la massa muscolare ormai è quella che è), ed ogni eventuale eccesso sarà trasformato in grasso. E’ necessario puntualizzare ancora che questo calcolo teorico parte dal presupposto di una deplezione totale (stimolo fondamentale per la ricarica). Se invece, per esempio, il nostro culturista non si sarà completamente depleto, la supercompensazione sarà inferiore (diciamo solo 30gr/Kg ) e parte dei carboidrati ingeriti, invece che nei muscoli, finiranno nel sottocutaneo sotto forma di grasso. Inoltre (e questo è veramente un punto fondamentale) devo sottolineare che, nei giorni subito precedenti la “scarica-ricarica”, l’apporto dei carboidrati non dovrà essere basso, ma se mai piuttosto alto (altrimenti il muscolo sarà già depleto e non andrà incontro a supercompensazione durante la fase di ricarica): fate bene attenzione a questo punto, se volete vedere gli effetti fantastici della ricarica come io stesso ho sperimentato nelle mie gare vittoriose.

Per questo però occorre che la dieta sia stata perfettamente  pianificata anche nelle settimane precedenti, e combinata con un regime di esercizio aerobico calcolato “caloria per caloria”: l’ha detto anche Lee Haney nei seminari.

Un altro punto fondamentale è quello dell’apporto idrico. Naturalmente non bisognerà assolutamente limitarsi dal bere durante i giorni di scarica, in quanto si rischierebbe di disidratarsi (per la sudorazione causata dai severi allenamenti e per il naturale effetto diuretico di una dieta poveri di carboidrati).

Ma come regolarsi, invece, durante la fase della  ricarica? E’ in questo campo che veramente esiste la maggior confusione e panico, in quasi tutti gli atleti: non bisogna bere; bere poco, molto e se molto, quanto? In realtà una risposta precisa a queste domande esiste, ma solo grazie ad una attenta analisi della fisiologia umana.

Occorre calcolare infatti la “uscite” di acqua in questa fase (sudorazione, “perspiratio insensibilis”, respirazione, urine) in rapporto alle “entrate”.

Compito questo piuttosto difficile, perché non dovete pensare che l’acqua sia solo quella che si beve: esiste infatti, in misura variabilissima, anche nei cibi (specie frutta e verdura), ed infine una certa quota viene anche “creata” dalle cellule stesse del corpo come prodotto del metabolismo. Ecco dunque che nei 3 giorni di ricarica dovrete calcolare con precisione il bilancio idrico, al fine di mettere nei muscoli, oltre al glicogeno, la giusta quantità di acqua per “gonfiarli”, ne di più (pena l’appannarsi della vostra definizione), né di meno: se mangiando i carboidrati berrete troppo poco, il processo di ricarica sarà ostacolato, il glucosio non riuscirà ad entrare nei muscoli e rimarrà fuori dalle cellule, richiamando l’acqua nel sottocute, ed infine sarà trasformato in grasso. La sete, sensazione finemente regolata da strutture nervose situate nell’encefalo tramite la secrezione di alcuni ormoni, servirà indubbiamente  da guida, ma è proprio in questa fase che con un attento studio del vostro organismo si potranno ottenere risultati sorprendenti.

Forzando lievemente i processi omeostatici, cioè adattatori, dell’organismo, negli ultimissimi giorni prima della gara potrete, bevendo lievemente meno del dovuto nella fase di ricarica, far passare l’acqua  extracellulare (che appanna la vostra definizione) all’interno dei muscoli (rendendoli più grossi, vascolarizzati ed evidenti sotto la pelle). Questo “trucco” deve essere ovviamente calcolato con estrema precisione, per non incorrere nei guai di cui sopra, ma permetterà ad ogni culturista afflitto da ritenzione idrica, di rovesciare la situazione in modo vincente.

Certo che, per far così, occorre sapere in maniera accurata quanta è la vostra acqua extracellulare ed intracellulare: specchio e bilancia qui non bastano, ma per fortuna la tecnologia vi potrà aiutare.

Ed è stato con molto piacere che ho appreso dal nostro amico Lee come questo approccio scientifico è da anni usato anche in California (almeno dai campioni). Piccoli eccessi nel bilancio idrico possono comunque essere corretti con vari metodi naturali. Io personalmente preferisco bere la quantità di acqua calcolata o qualcosa in più, e se poi le analisi ultrasoniche (che ho la fortuna di poter effettuare con facilità) mi informano che ho ottenuto troppa acqua nel sottocute, allora faccio una sauna per eliminare questo surplus. La sudorazione della sauna , infatti, avverrà a scapito dell’acqua extracellulare, mentre il glicogeno trattiene l’acqua nelle cellule. Vedete che non è dunque il caso di tentare di perdere acqua con una corsa o con altre attività fisiche, perché questa perdita sarebbe per la maggior parte dovuta alla scissione del glicogeno, vanificando in parte i benefici della ricarica.

Non parliamo poi dei diuretici, di cui troppo spesso sento, o constato personalmente, l’abuso nel pre-gara. Eppure noi culturisti dovremmo sapere quanto può essere dannosa questa pratica!

I diuretici, infatti, scardinano l’equilibrio dei minerali, con rischio di crampi, impoverimento muscolare, ecc..

E’ molto meglio fare bene le cose prima, calibrando nella ultima settimana prima della gara l’apporto, oltre che di acqua, anche dei sali minerali. Fra questi particolare importanza assume il potassio, di cui ci sarà un aumentato fabbisogno, dato che nella ricarica esso entra nella cellula muscolare insieme al glicogeno.

E’ bene assumere il potassio con la normale alimentazione piuttosto che in pillole, che possono irritare le pareti dello stomaco, ed inoltre lo ione cloro (che è unito al potassio nei preparati comunemente usati) può dare ritenzione idrica. Frutta e verdura, ed in minor misura pasta e pane, sono tra i cibi ricchi di potassio utilizzabili nella fase della ricarica. Non bisogna  però esagerare con quello della frutta, perché nella frutta ci sono anche gli zuccheri semplici (tipo fruttosio) che, come prima ricordato, non devono mai superare il 20% delle calorie totali.

Anche la quota di potassio totale da ingerire nei 3 giorni della ricarica va opportunamente calcolata, in rapporto a quella di carboidrati: ometto per brevità tutti i presupposti fisiologici, ricordando comunque che occorrerà introdurne circa 30 miliequivalenti per 100gr di carboidrati utilizzati ai fini di ricarica.

Un eccesso o un difetto saranno egualmente dannosi, soprattutto per il funzionamento del cuore.

Riguardo al tento deprecato sodio, ricordo che il suo apporto deve essere strettamente calcolato, in quanto un eccesso tenderà a richiamare acqua nel sottocutaneo (è un minerale tipicamente extracellulare).

Un suo difetto invece, causerà crampi che, inutile dirlo, pregiudicherebbero completamente il vostro posedown.

L’apporto di sodio va calcolato conoscendo la quota di acqua extracellulare che ci si propone di raggiungere al termine della ricarica: anche in questo caso, riducendo opportunamente l’apporto del sodio solo negli ultimi 3 giorni potrete “ingannare” i processi omeostatici del corpo (cioè aumentata produzione dell’ormone aldosterone con perdita di potassio e risparmio di sodio), ottenendo così il risultato di aumentare ulteriormente la separazione muscolare senza rischiare la salute coi diuretici.

Importante è infine il fosforo, che nella fase di ricarica viene captato attivamente dalle cellule muscolari per formare composti energetici: di qui il rischio di una ipofosforemia (calo del fosforo nel sangue) che si manifesterà con segni neurologici e muscolari (ansia, irritabilità, calo della forza e dei riflessi), tutti egualmente disastrosi per un culturista in gara.

Anche in questo caso l’unico modo per evitarli sarà l’attenta pianificazione della dieta.

Per concludere, ricorderò che la ricarica può dar luogo ad effetti collaterali spiacevoli,ed ogni allenatore o preparatore dovrebbe tenerne giustamente conto.

Primo fra tutti la scarsa tolleranza digestiva. Questo vale soprattutto la prima volta che viene adottato questo particolare regime, poi generalmente ci si abitua.

Altri effetti collaterali, sebbene più rari, saranno:

  • presenza di mioglobina nelle urine
  • dolori alla gabbia toracica
  • alterazioni elettrocardiografiche varie

Per ridurre in genere l’incidenza ed il grado si questi disturbi, sono state messe a punto delle lievi modifiche  del sistema della ricarica consistenti, in sintesi, in un approccio più graduale.

Generalmente riservo questa metodica, con cui si possono raggiungere livelli di glicogeno vicini a quelli del metodo classico, agli atleti più delicati o esordienti.

Ho deciso di scrivere questo articolo perché veramente ho assistito ad incredibili assurdità in questo campo: atleti che non bevevano per giorni interi prima della gara, altri che “ricaricavano” con la cioccolata e le noccioline (?!?) (rispettivamente 30 e 50% di grassi); altri che scaricavano per poi ricaricare solamente il giorno prima (sono almeno 48, in realtà, le ore necessarie perché il glicogeno torni ai livelli normali); i “più informati” ingurgitano compresse di cloruro di potassio rischiando così una gastrite o, ancora peggio, una pericolosa iperpotassiemia.

Di certo i maggiori responsabili di queste situazioni non sono gli atleti, dai quali non si può pretendere anche una completa conoscenza scientifica, ma i cosiddetti preparatori che non fanno neanche lo sforzo di documentarsi, basandosi sul solo empirismo.

Io ho unito la teoria alla pratica, i miei studi sono le teorie, i miei risultati sono la pratica.

In questo articolo ovviamente, le cifre citate sono del tutto esemplificative, basandosi su dati statistici “medi” come il metabolismo basale e la percentuale di massa muscolare, che purtroppo ben poco servono al singolo individuo, essendo ogni culturista un insieme unico ed irripetibile di caratteristiche strutturali e metaboliche. Per poter realmente impostare con precisione la dieta della ricarica per ogni singolo individuo è necessario utilizzare i dati peculiari di ciascun atleta, oggettivamente misurati.