L’epidemiologia è chiara nelle sue valutazioni. Quanto più si consumano carni rosse, tanto maggiore appare il rischio di sviluppare alcune forme neoplastiche nel corso della vita. Per fare un esempio, una ricerca condotta all’Università di Harvard arriva a quantificare addirittura al 22 per cento l’incremento del rischio di tumore mammario in caso di donne che hanno avuto un’alimentazione che prevedeva un elevato consumo di carne. A fronte delle cifre riportate dagli epidemiologi, tuttavia, rimaneva ancora un’incertezza sul possibile meccanismo molecolare o biologico che possa spiegare il rapporto. Anche perchè, negli animali, questo rapporto non pare esistere. Ora uno studio fa luce su questo fenomeno: una ricerca pubblicata su Pnas, la rivista dell’accademia delle scienze americana, dimostra infatti che gli animali avrebbero una sorta di “antidoto” nei confronti dell’azione di incremento del rischio tumorale correlata all’assunzione di carne. All’interno delle carni rosse ci sarebbe infatti una molecola chiamata Neu5Gc, che l’uomo non è in grado di produrre, che stimolerebbe nell’organismo una risposta infiammatoria, potenziale cofattore di stimolo all’insorgenza del cancro. Gli studiosi che hanno individuato il composto, che lavorano all’Università di san Diego, hanno provato a modificare geneticamente animali da esperimento togliendo loro la possibilità di produrre Neu5Gc, rendendoli esattamente come l’essere umano sotto questo profilo. E il rischio di cancro è cresciuto di cinque volte.
venerdì di repubblica del 6 febbraio, pagina 57