VIENNA – La notizia non mancherà di suscitare dibattiti e polemiche ma la fonte – la prestigiosa rivista scientificaNature – non lascia margini di dubbio sulla serietà della scoperta. Secondo uno studio appena pubblicato sulla versione on line, infatti, alcuni edulcoranti artificiali, in particolare aspartame, saccarina e sucralosio, possono provocare alterazioni metaboliche che si traducono in un aumento della glicemia. I dolcificanti sono grandemente utilizzati – e spesso prescritti anche da molti dietologi per contenere il peso – al posto dello zucchero poiché, a fronte di un potere dolcificante di centinaia di volte superiore rispetto al normale zucchero, hanno al contrario scarsissime calorie, da zero a 2 per grammi contro le quasi 4 dello zucchero.
Si nascondono negli snack, nei soft drink e nelle caramelle. Sono contenuti in bevande dolcificate o soft drink, snack, caramelle, gomme da masticare, yogurt, biscotti e spesso si è discusso sul fatto che siano dannosi per la salute, con risultati diversi e anche contrastanti. Il loro consumo è però sconsigliato da molte istituzioni scientifiche nei bambini sotto i tre anni, nelle donne in gravidanza e in allattamento. Stavolta lo studio israeliano – condotto su topi e anche su uomini – lascia poco spazio a dubbi. Il gruppo di Suez, infatti, ha nutrito dei topi aggiungendo saccarina, aspartame o sucralosio alla normale dieta scoprendo che i dolcificanti alteravano il metabolismo degli animali facendo aumentare la glicemia a livelli significativi e inoltre sviluppava una condizione di intolleranza glucidica definita pre diabete. Il passaggio successivo è stato di analizzare il cosiddetto microbiota intestinale, ormai considerato un vero e proprio organo, individuando anche lì una modifica sostanziale della flora batterica intestinale rispetto ai topi del gruppo di controllo. Trapiantando poi da topi con glicemia elevata a topi sani il microbiota intestinale si aveva un innalzamento della glicemia anche nei topi con livelli precedentemente normali.
Lo studio. Il gruppo di Suez ha studiato anche il microbiota intestinale di oltre quattrocento persone scoprendo che la popolazione batterica dei consumatori di dolcificanti era profondamente diversa da quella dei non consumatori. Inoltre il consumo di dolcificanti era correlato con livelli più elevati di glicemia. Gli autori dello studio hanno così arruolato sette volontari non consumatori di dolcificanti facendoglieli consumare per una settimana. Dopo soli quattro giorni la metà di loro aveva glicemia alta e un’alterata composizione della popolazione batterica intestinale, proprio come nei topi. Infine il trapianto fecale dai volontari consumatori di dolcificanti a topi non consumatori provocava anche in questi ultimi un innalzamento della glicemia.
“La forza di questo studio – premette Antonio Gasbarrini, ordinario di Gastroenterologia al policlinico Gemelli di Roma e studioso del microbiota intestinale – è che ha dimostrato che i dolcificanti hanno modificato il microbiota intestinale e che questa modifica ha provocato aumento della glicemia. I dolcificanti, quindi, possono modulare il microbiota, come del resto gli alimenti. È ormai provato che il microbiota, un vero e proprio organo, scambia informazioni con il cervello, il fegato e il tessuto adiposo. È un nuovo attore, possiede tre milioni di geni, oltre mille specie di batteri diversi e ha una potentissima attività metabolica e immunologica. La maggior parte di questi batteri si trova nel colon e nell’intestino tenue ed è nutrita soltanto dalle fibre indigeribili che arrivano nel colon. La novità è che da qualche anno abbiamo la tecnologia adatta per individuare il microbiota mentre prima ne ignoravamo l’esistenza e stiamo a poco a poco scoprendo quanto sia coinvolto in molte patologie”.
“Evitare allarmismi”. Che cosa succederà adesso? “Non vogliamo alimentare panico tra la gente e tra i diabetici – premette Enzo Bonora, presidente Società italiana diabetologia (Sid) – questi studi sono importanti e sono stati pubblicati su una rivista prestigiosa ma prima di diventare una raccomandazione nutrizionale e di essere traslati nella pratica clinica bisognerà aspettare ulteriori conferme. La nostra società non ha mai raccomandato l’utilizzo di dolcificanti al posto dello zucchero perché piccole quantità sono permesse anche ai diabetici. E i risultati di questo studio confortano la nostra posizione”. Inoltre in prospettiva – ragiona invece Giorgio Sesti, presidente eletto Sid – considerato che il danno dei dolcificanti a livello del metabolismo è dovuto a una selezione sfavorevole dei batteri intestinali è ipotizzabile in futuro, attraverso modifiche della dieta, impiego di probiotici o antibiotici intestinali, di riuscire a prevenire il diabete, anche se certamente non a curarlo”.
La Repubblica 17/09/2014