Alcune settimane fa la rivista “The Lancet Diabetes and Endocrinology” ha pubblicato uno studio che lascia poco spazio alle interpretazioni: secondo l’analisi, sovrappeso e obesità possono accorciare di oltre 8 anni l’aspettativa di vita media. Le soluzione, nei casi più gravi dove anche la dieta fallisce, è rappresentata dalla chirurgia. L’obbiettivo è ridurre, attraverso l’inserimento di un palloncino, un senso di sazietà precoce. Una tecnica che forse in futuro sarà abbandonata: secondo uno studio apparso sulla rivista Gut sarà possibile indurre questa sensazione mischiando al cibo una particolare molecola. Risultato? Meno alimenti ingeriti e maggiore senso di pienezza.
OBESITÀ: I NUMERI, I RISCHI, LA MORTALITA’
L’obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale sia perché la sua prevalenza è in costante aumento non solo nei Paesi occidentali ma anche in quelli a basso-medio reddito sia perché è un importante fattore di rischio per varie malattie croniche, quali diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari e tumori. Si stima che il 44% dei casi di diabete tipo 2, il 23% dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 41% di alcuni tumori sono attribuibili all’obesità e sovrappeso. In totale, sovrappeso e obesità rappresentano il quinto più importante fattore di rischio per mortalità globale e i decessi attribuibili all’obesità sono, al mondo, almeno 2,8 milioni l’anno. Ecco perché intervenire è una priorità assoluta.
QUEL SENSO DI SAZIETA’ CHE FA LA DIFFERENZA
Una delle possibili strategie per ridurre l’eccesso di calorie potrebbe essere rappresentata dall’assunzione di propionato. Normalmente questa sostanza viene prodotta a livello intestinale durante la fermentazione delle fibre da parte della flora batterica. La sua funzione è quella di indurre senso di sazietà stimolando il corpo a produrre degli ormoni. Partendo da questa evidenza i ricercatori dell’Imperial College di Londra e della Università di Glasgow ha provato ad addizionare la molecola direttamente negli alimenti. Essendo particolarmente sgradevole al gusto gli scienziati hanno aggiunto proprionato al carboidrato inulina. Così facendo i ricercatori sono riusciti nell’intento di far giungere a livello intestinale una quantità consistente di proprionato.
SI MANGIA IL 14% DI CIBO IN MENO
Dalle analisi su volontari sani è emerso che chi aveva assunto la sostanza introduceva, a pasto, un quantitativo di cibo inferiore del 14% rispetto a chi non aveva ingerito propionato. Non solo,in un gruppo di persone in sovrappeso, seguite per 24 settimane, la sostanza è stata in grado di bloccare l’aumento di peso. Dati importanti, anche se ottenuti in un numero ristretto di persone, che potrebbero ora aprire le porte all’utilizzo del propionato addizionato agli alimenti. Come spiega il professro Gary Porter, uno degli autori dello studio, «molecole come il propionato stimolano il rilascio di ormoni intestinali che controllano l’appetito ma, per ottenere un effetto significativo, bisognerebbe mangiare una quantità enorme difibre. Ecco perché, la soluzione creata in laboratorio, potrebbe essere sfruttata nel controllo del peso. I risultati sono incoraggianti: manipolando la flora intestinale è possibile bloccare l’aumento di peso».
La Stampa 15/12/2014