Il cibo ci dà il ritmo. Non solo perché scandisce i momenti della giornata con colazione, pranzo e cena, ma anche perché è uno dei regolatori dei nostri ritmi biologici, insieme, naturalmente, alla luce, che è il sincronizzatore principale. Questo ruolo della nutrizione è confermato da una ricerca, pubblicata su Cell Report, secondo cui tutto dipenderebbe dalla secrezione di insulina, più o meno spiccata, indotta dai diversi alimenti. Non manca un corollario molto pratico: questi effetti del cibo rendono la dieta un buon mezzo per contrastare un’eventuale sfasatura del ritmo circadiano, prima fra tutte quella indotta dal jet lag.
«Il nostro orologio biologico principale, nell’ipotalamo, risponde soprattutto alla luce; esistono però orologi “periferici”, in vari organi e tessuti, che possono essere molto influenzati dall’alimentazione – spiega Roberto Manfredini, cronobiologo dell’Università di Ferrara -. L’orario e la composizione dei pasti sono connessi ai ritmi fisiologici e comportamentali, inoltre il valore di “ricompensa” del cibo è anche in grado di influenzare l’orologio biologico principale nel cervello».
La regolazione del ritmo circadiano
Gli autori dello studio citato hanno dimostrato, sugli animali, che l’insulina, prodotta dal pancreas in quantità e tempi diversi a seconda di ciò che si mangia, può interferire con i ritmi del fegato e di altri tessuti connessi con l’alimentazione. «La regolazione del ritmo circadiano mediata dall’insulina è importante soprattutto per l’apparato gastrointestinale: consente infatti la sincronizzazione fra il pasto e la funzione degli organi che devono garantire la digestione e l’assorbimento dei nutrienti» spiega Makoto Akashi, il coordinatore dello studio. «Anche nel tessuto adiposo esistono geni che si esprimono “ritmicamente” – aggiunge Manfredini -. Si è visto, ad esempio, che la lipoproteinlipasi ( enzima che favorisce l’accumulo dei grassi alimentari nell’adipe, ndr ) ha un picco dopo pranzo: se l’assunzione dei cibi grassi non coincide con questo pasto, l’organismo accumula grasso in altri organi come il fegato, con il rischio di sviluppare patologie come la steatosi».
Niente ferro a cena per chi lavora di notte
Tutti questi dati hanno conseguenze molto pratiche, per esempio per chi lavora a turni. Una ricerca appena pubblicata su Diabetes , ad esempio, raccomanda ai turnisti di evitare cibi molto ricchi di ferro alla sera: questo minerale è un “sincronizzatore” dell’orologio biologico epatico e influenza il controllo della glicemia, ma se il ferro viene introdotto «fuori sincrono» rispetto al previsto questo meccanismo di controllo va in tilt e si rischia di più di ammalarsi di sindrome metabolica. Altrettanto utile sapere che il cibo può essere usato contro il jet lag: «La “regola” è semplice: i carboidrati aiutano a dormire, le proteine tengono svegli» dice il cronobiologo.
Pasto a bordo
Effetti certi? Non è detto, perché il fastidio da jet lag dipende da molti fattori, come la direzione del viaggio ( verso Est il recupero del ritmo è più lento,ndr) , il cronotipo individuale, le abitudini di vita più o meno regolari. Però si può provare: se si torna in Europa dopo un viaggio negli Usa occorre essere svegli e attivi all’arrivo quando è mattina, mentre nel punto di partenza è notte fonda. Per favorire questo meccanismo, a bordo meglio consumare un pasto leggero con frutta, verdura, spremute e qualche biscotto integrale; poi bisognerebbe dormire, e svegliarsi all’ora europea di colazione, consumando proteine come uova o formaggio. E alla sera, sì a una cena che favorisca il sonno, quindi a base di carboidrati.
Corriere Della Sera 25/11/2014