Consumare frutta e verdura con un’elevata concentrazione di pesticidi residui può compromettere seriamente la qualità degli spermatozoi: è quanto emerge da un nuovo studio apparso sulla rivista “Human Reproduction”, che mette in luce per la prima volta una possibile correlazione tra il consumo di cibi contaminati da pesticidi e i problemi di fertilità maschile. Finora infatti l’effetto negativo di queste sostanze sulla qualità dello sperma era stato documentato solo in soggetti esposti per motivi professionali.
Jorge Chavarro, ricercatore della Harvard TH Chan School of Public Health di Boston, e colleghi hanno analizzato 338 campioni di sperma raccolti da 155 soggetti tra 18 e 55 anni in cura presso centri per la fecondazione assistita. Gli sperimentatori hanno valutato mediante questionari la frequenza con cui i volontari consumavano, in media, porzioni di frutta e verdura e in che quantità.
Le abitudine dietetiche sono poi state associate all’esposizione ai residui di pesticidi, grazie a un database del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti: fagioli, piselli, uva e cipolle, per esempio, sono classificati tra le coltivazioni a basso livello di residui, mentre peperoni, spinaci, fragole, mele e pere tra quelli ad alto livello.
I soggetti sono stati suddivisi in quattro gruppi, in ordine crescente di consumo di frutta e verdura con il più alto contenuto di pesticidi residui. Nel gruppo con il maggiore consumo di questi cibi gli autori hanno registrato una riduzione del 49 per cento nel numero complessivo degli spermatozoi per eiaculato – un parametro fondamentale per definire la qualità dello sperma – rispetto al gruppo con il minor consumo.
Inoltre, la percentuale di spermatozoi di forma normale era del 7,5 percento nei soggetti del gruppo di esposizione più bassa e del 5,1 per cento in quella con esposizione più alta: il calo relativo è del 32 per cento. Non sono invece state riscontrate differenze tra i diversi livelli di consumo di cibi contenenti un livello di pesticidi da basso a moderato.
Questi risultati offrono importanti indicazioni per chiarire il rapporto tra i problemi di fertilità maschile e l’esposizione a contaminanti ambientali, ma occorreranno nuovi studi per superare alcune limitazioni metodologiche, in particolare sulla scelta del campione statistico. “Negli studi come questo, condotti su persone che frequentano le cliniche della fertilità, sono sovrarappresentati i soggetti con problemi di qualità dello sperma”, ha spiegato Chavarro. “Non possiamo sapere quindi se i risultati possono essere estesi alla popolazione generale e in che misura”.
Le Scienze 01/04/2015