Una variabilità della frequenza cardiaca bassa (HRV) è predittiva di una morte cardiaca improvvisa. Lo stato dei PUFA a lunga catena (LC) n-3 (C20-C22), gli acidi grassi polinsaturi, è associato positivamente con l’HRV. Questo studio trasversale ha voluto indagare se i vegani di età compresa tra i 40 e i 70 anni (n 23), le cui diete sono naturalmente prive di EPA (20: 5n-3) e DHA (22: 6n-3), abbiano una HRV inferiore rispetto ad onnivori (n 24). Le proporzioni dei PUFA LC n-3 nelle membrane degli eritrociti, negli acidi grassi plasmatici e nelle concentrazioni di PUFA LC n-3 derivanti da mediatori lipidici erano significativamente più bassi nei vegani. Gli interbeat intervals (IBI), ovvero gli intervalli di tempo tra un battito e l’altro, aggiustati secondo l’attività fisica, l’età, il BMI e il sesso, sono stati significativamente più breve nei vegani rispetto agli onnivori (differenza media -67 ms, 95% CI -130, -3,4, P50% -frequency power). In conclusione, i vegani presentano una SDNN (standard deviation of normal-to-normal intervals) delle 24 ore più elevata, ma l’HRV più basso durante la giornata e tempi più brevi di IBI rispetto agli onnivori presi in esame. I vegani potrebbero avere una ridotta disponibilità di marcatori precursori dei pro-resolving lipid mediators, molecole segnale nelle cellule formate dal metabolismo dei PUFA e implicate nella risoluzione dell’infiammazione. Resta da determinare se esiste un collegamento diretto tra una funzione cardiaca compromessa e bassi livelli di acidi grassi n-3.
(Br J Nutr. 2017 Mar)