Impropriamente lo chiamano l’ormone dell’amore. In realtà potremmo definirlo della tranquillità. È l’ossitocina. E a quanto emerge da uno studio della Stanford University School of Medicine da poco pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, le persone con bassi livelli di questo ormone sono più soggette a crisi d’ansia. Non solo, per la prima volta in assoluto è stato dimostrato che per monitorare questo parametro basta un semplice esame del sangue. Un vantaggio non indifferente se si pensa che sino ad oggi la concentrazione di ossitocina veniva misurata attraverso un ben più complicato prelievo di liquido cerebrospinale. Una scoperta che ora potrebbe aprire a nuove terapie per la cura di alcuni disturbi comportamentali dove l’ansia è una componente importante nella vita del malato.
LO STUDIO
Per arrivare al risultato i ricercatori statunitensi hanno monitorato i livelli di ossitocina di un gruppo di volontari sia con un prelievo sanguigno sia attraverso il prelievo di liquido cerebrospinale. Dalle analisi è emerso che la quantità di ormone circolante nel sangue, pur essendo in quantità differente, correla con quella contenuta nel liquido cerebrospinale. Come spiega Dean Carson uno degli autori dello studio, «per la prima volta abbiamo dimostrato che c’è una stretta correlazione tra i livelli di ormone presenti nei due comparti. Ma ciò che rende questo studio ancor più importante è il dato che riguarda il livello diansia. Ad una minore concentrazione di ossitocina corrisponde un maggior stato d’agitazione».
IL PRELIEVO
Sino ad oggi, per monitorare la quantità di ormone, l’unica strategia certa era il prelievo del liquido cerebrospinale. Una procedura invasiva che richiede l’inserimento di un ago a livello lombare. Se lo studio venisse confermato su un più ampio numero di pazienti, saremmo di fronte ad una svolta.
LE PROSPETTIVE
Ma, al di là del metodo attraverso cui prelevare i campioni per dosare l’ossitocina, lo studio in questione apre ora scenari inaspettati nella terapia di molte malattie in cui l’ansia gioca un ruolo fondamentale. Chiare le parole della professoressa Karen Parker, coordinatrice dello studio: «Questa ricerca ci dà la conferma scientifica che misurare l’ossitocina attraverso un prelievo di sangue è possibile. Inoltre, dato più importante, questo ormone potrebbe diventare presto un biomarker per lo stato d’ansia. Non solo, proprio perché è presente in basse quantità la somministrazione di ossitocina potrebbe diventare una possibile nuova terapia».
Un’ottima prospettiva anche per le persone autistiche: recenti studi mostrano che chi soffre della malattia, soprattutto i bambini, presenta alterazioni nel livello di ossitocina. Ecco perché, una delle strategie per combattere gli stati d’ansia, potrebbe essere l’assunzione dell’ormone.
La Stampa 7/11/2014