“Senza bisfenolo A”: una scritta sempre più diffusa ma che non garantisce sicurezza. Le sostanze che lo rimpiazzano sono quasi identiche
La scritta sulle etichette “BPA-free”, cioè privo di bisfenolo, rappresenta davvero una garanzia di sicurezza? Una dicitura sempre più presente negli ultimi anni, soprattutto per l’aumento dei dati a dimostrazione della pericolosità di questo plastificante ubiquitario, e la crescente diffusione delle norme che ne vietano l’impiego in prodotti per l’infanzia, contenitori per alimenti e altri oggetti o, come accaduto in Francia, ne vietano l’uso tout court. Ma quando un prodotto così etichettato si può considerare realmente sicuro?
Secondo i ricercatori del centro chiamato The Endocrine Disruption Exchange (TEDX) di Paonia, in Colorado, mai, o quasi mai. Perché le funzioni svolte dal BPA sono insostituibili e le sostanze impiegate per rimpiazzarlo sono di fatto quasi identiche e quindi hanno o potrebbero avere gli stessi effetti sulla salute umana.
Per giungere al loro verdetto, i ricercatori americani hanno compiuto un’analisi degli studi pubblicati sui due sostituti più impiegati, i bisfenoli S e F (BPS e BPF), identificandone 32, 26 dei quali solo in vitro, e sette in vivo. Come sottolineato su Environmental Health Perspectives, quasi tutte le indagini sono state incentrate sugli effetti metabolici e ormonali (prevalentemente sugli ormoni sessuali) di questi composti, e tutti quelli che lo hanno fatto hanno mostrato che entrambi hanno un’azione sovrapponibile, per tipo e potenza, a quella del BPA. Non si può, quindi, spacciare per sicuri prodotti che, al momento, non è dimostrato che lo siano, anzi.
Per limitare i rischi, gli autori ricordano le regole fondamentali valide per il BPA e, di conseguenza, estendibili anche agli altri bisfenoli:
1. Evitare di tenere in mano gli scontrini e in generale la carta termica, che contiene molto bisfenolo. Anche se non è facilmente percepibile, l’accumulo proveniente da questa fonte, soprattutto quando sulle mani c’è una crema o una sostanza oleosa che possa facilitarne l’assorbimento, è superiore rispetto a quello che si ha mangiando alimenti conservati in contenitori con BPA. Ciò dipende, oltreché dalla frequenza del contatto, anche dal fatto che nella carta termica i bisfenoli sono liberi e non legati come nelle plastiche, e possono quindi migrare con maggiore facilità. Gli autori arrivano a consigliare di evitare del tutto il contatto, chiedendo a chi emette lo scontrino di riporlo nella confezione o nel sacchetto.
2. Bere bevande contenute nell’alluminio o nel vetro, non nella plastica, tanto a casa quanto al lavoro.
3. Non riscaldare alimenti in contenitori di plastica nel forno a microonde; il riscaldamento a microonde può far staccare i bisfenoli dalla plastica, e agevolarne la migrazione nei cibi. In generale, sarebbe meglio non usare la plastica per la conservazione degli alimenti, preferendo la ceramica o il vetro, ma se non è possibile è bene non riscaldare nessuna plastica.
Il Fatto Alimentare 31/03/2015