Si parla di oltre 14 milioni di italiani affetti da sindrome metabolica. Come dice lo stesso termine – sindrome – non si tratta affatto di una malattia ma un insieme di sintomi quali ipertensione, iperglicemia, colesterolo alto e girovita sopra la norma: tutti fattori di rischio per la salute e la vita.
Se tale situazione non viene modificata tempestivamente potrebbe dar luogo a conseguenze anche gravi come malattie cardiache, cardiovascolari e ictus.
Per prevenire tutto ciò, alcuni ricercatori canadesi ritengono che cibarsi quotidianamente di noci, possa essere una possibile soluzione. Ma non solo quelle classiche che conosciamo noi: anche le mandorle, gli anacardi, le noci del Brasile, quelle di cocco, le pecan, le nocciole, le noci di macadamia, i pinoli e i pistacchi. Non rientrano in questa categoria le arachidi che non sono considerate frutta secca, bensì legumi.
Secondo i risultati ottenuti dai ricercatori, l’uso costante di tali cibi da parte delle persone riduce i grassi nel sangue (trigliceridi) e gli zuccheri. A differenza di coloro che non avevano l’abitudine di sgranocchiare qualche noce.
Secondo il dottor John Sievenpiper, ricercatore presso il Clinical Nutrition and Risk Factor Modification Centre del St. Michael’s Hospital (Canada), questa è la prima revisione sistematica di una meta-analisi che è stata in grado di esaminare tutte le prove di recenti studi clinici randomizzati sull’impatto che hanno le noci sulla sindrome metabolica.
Inoltre, l’esperto ritiene che le maggiori riduzioni dei trigliceridi e della glicemia si siano verificate quando le noci sostituivano i carboidrati raffinati, piuttosto che i grassi saturi. Nonostante le noci siano particolarmente ricche di calorie e grassi, non ci sono stati aumenti in tal senso sulla sindrome metabolica né aumento di peso. In aggiunta, è bene dire che i grassi contenuti nei vari tipi di frutta secca sono insaturi.
Lo studio, pubblicato sul British Medical Journal (BMJ), ha dimostrato che mangiare frutta secca migliora i risultati delle prove di test del glucosio a digiuno per i diabetici di tipo 2.
«Le noci sono un altro modo che le persone possono usare per mantenere buoni i livelli di zucchero nel sangue nel quadro di un modello alimentare sano», spiega Sievenpiper.
Per arrivare a tali conclusioni il team di ricerca ha reclutato 450 pazienti affetti da diabete di tipo 2 e li ha invitati a partecipare a dodici studi clinici. Nel Nord America – ma anche nel nostro Paese – la gente consuma meno di una porzione di frutta secca al giorno, vale a dire meno di 30 grammi.
Durante lo studio è stato chiesto ai volontari di consumare 54 grammi di noci al giorno.
A tale dosaggio, i pazienti affetti da diabete di tipo 2 hanno avuto un evidente miglioramento dei valori del test del HbA1c (Emoglobina Glicata). L’emoglobina glicata è un valore che serve per misurare la concentrazione di glucosio nel sangue per un lungo periodo.
Uno studio simile era stato condotto già nel 2011 al St. Michael’s Hospital. Anch’esso dimostrava come le noci potessero essere d’aiuto per i pazienti diabetici e per la prevenzione delle complicazioni come problemi alla vista, ictus e amputazione degli arti. Inoltre, lo studio dimostrava una riduzione dei livelli di colesterolo “cattivo”, o LDL, e miglioramento della glicemia.
«Noci miste, non salate, crude, secche o arrostite hanno benefici sia per il controllo della glicemia che dei lipidi nel sangue e possono essere utilizzate come parte di una strategia per migliorare il controllo del diabete, senza un aumento di peso – conclude il dottor David Jenkins del St. Michael’s Hospital – Lo studio indica che le noci possono fornire un’opzione di alimenti specifici per le persone affette da diabete di tipo 2 che desiderano ridurre l’assunzione di carboidrati».
Secondo la US Food and Drug Administration (FDA) la frutta a guscio offre un’opportunità per la riduzione del rischio di malattie cardiovascolari.
Le noci vengono anche raccomandate dal Mediterranean, Portfolio and DASH (Dietary Approaches to Stop Hypertension) per la prevenzione delle malattie cardiovascolari grazie al loro potere di ridurre il colesterolo.
La Stampa 01/08/2014