ALIMENTAZIONE E CULTURA FISICA
Cultura Fisica – marzo/aprile 1990
Una corretta alimentazione, se è fondamentale per ciascun essere vivente, lo è ancor più per colui che pratica, o si accinge a praticare, la ginnastica con i pesi.
La mia intenzione in questo articolo è di dare alcune nozioni dietologiche fondamentali. Vediamo pertanto di definire un primo concetto, quello di apporto calorico.
La caloria è l’unità di misura dell’energia consumata, o introdotta, nell’organismo. In linea generale, se si introducono più calorie del fabbisogno, l’organismo tenderà ad accumularle sotto forma di tessuto adiposo (grasso); se invece l’assunzione di calorie con i cibi è inferiore a questo fabbisogno, il discorso si fa già più complesso: parte dell’energia mancante sarà fornita dall’ossidazione delle riserve di grasso, ma anche dal consumo, o distruzione, di tessuti più preziosi (proteine del tessuto muscolare, del fegato, tec.).
Questo concetto è di fondamentale importanza per un culturista; ci torneremo comunque più avanti.
Molti testi forniscono tabelle del consumo calorico necessario, in base ad età, sesso, o altri fattori variabili. Non ritengo però giusto addentrarmi in questo discorso per i seguenti motivi:
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Fra individuo e individuo, la variabilità del consumo calorico in condizioni di riposo assoluto (metabolismo basale, cioè quello del corpo che gira “al minimo”) è molto alta, dipendendo da vari fattori, sia costituzionali, che riguardanti la composizione della dieta stessa, lo stato di allenamento fisico, l’ingestione di particolari sostanze, etc. L’età, invero, influisce (nel senso di una riduzione dei consumi) in maniera molto minore delle variabili prima considerate. Chi è “vecchio”, pertanto, non deve certo disperare!
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Ogni attività fisica produce un aumento del consumo, in maniera variabilissima e solo parzialmente deducibile dalle tabelle delle varie attività preparate allo scopo.
In pratica, data la relazione piuttosto stretta fra l’aumento delle pulsazioni cardiache durante l’attività e calorie consumate, l’unico modo sarebbe di conteggiarle. Tutte queste misurazioni (insieme anche ad altre dirette del consumo di ossigeno, eseguibili solo in laboratori altamente specializzati) sono spesso impossibili per la maggior parte delle persone. Allora, per conoscere il proprio consumo calorico in un determinato regime di vita (allenamento, etc.) non si può far altro che misurare accuratamente le calorie ingerite per un periodo sufficientemente lungo, in condizioni di stabilità di peso corporeo. Questo calcolo, tedioso e richiedente notevole controllo delle proprie abitudini, sarà un dovere per i culturisti più ambiziosi.
Venendo alle componenti della dieta, definiamo tre categorie fondamentali di sostanze: grassi, carboidrati e proteine. In comune hanno il fatto di essere ossidabili a scopi energetici.
I grassi, per la loro composizione chimica, forniscono il maggior numero di calorie per grammo (circa 9). Già questo fa capire come un moderato aumento del consumo di cibi contenenti grassi farà salire la quota calorica ingerita in misura notevole. Si suole dividere i grassi in insaturi (di origine vegetale) e saturi (di origine animale). Molte cose sono state dette in passato a riguardo, basti sapere che è bene assumere grassi saturi, mono e polinsaturi in maniera bilanciata. Per mantenere una buona salute (soprattutto riguardo all’insorgenza di malattie cardiovascolari) è stato dimostrato che, ferma restando la quota calorica globale, la percentuale dei grassi dovrebbe essere il più possibile bassa. Una dieta molto povera di grassi è però spesso incompatibile con le abitudini alimentari tradizionali di qualsiasi paese “sviluppato”, ed inoltre risulterà poco gradevole al palato. Ecco che, con buon senso, direi che l’apporto percentuale di questi nutrienti dovrebbe collocarsi intorno al 20-30%.
Circa i carboidrati, ricorderò che questi sono stati per anni “messi sotto accusa” come responsabili dell’ingrassamento, tant’è vero che negli anni ’60-’70 è fiorita una serie di diete (a punti, Atkins, Stillmann, etc.) che si basavano sulla riduzione o esclusione di questi nutrienti. Niente di più sbagliato, come vedremo. Se è vero che una netta diminuzione di questi porterà ad un rapido calo di peso, occorre ricordare che ciò è dovuto a perdita di acqua, sali e, peggio ancora, proteine muscolari (come accennato all’inizio). Solo dopo giorni l’organismo si adatterà a limitare questi danni, ossidando preferibilmente i grassi di deposito.
Studi relativamente recenti hanno mostrato come solo i carboidrati (non i grassi né le proteine) siano in grado di aumentare in misura piuttosto rilevante il consumo calorico basale. Un aumento del metabolismo basale da un lato renderà più facile mantenere livelli di grasso corporeo più bassi, dall’altro provocherà un più rapido smaltimento del grasso in eccesso in caso di dieta a breve termine.
Se invece la dieta seguita è molto povera di carboidrati, si determinerà a partire dal 2°-3° giorno di dieta un calo del metabolismo che può arrivare sino ad un 30-40% nei casi estremi: ciò spiega come mai a questo punto ogni ulteriore perdita di grasso diventa sempre più difficile, appunto perché il corpo si abitua a vivere con meno energia.
Nelle diete riduttive anche più drastiche, una quota minima di carboidrati sarà allora necessaria (150-200 grammi al giorno) per minimizzare questo fenomeno. Ciò vale per tutti; per chi fa ginnastica con i pesi, inoltre, occorre ricordare che una quota ulteriore di carboidrati è necessaria in quanto i muscoli, negli sforzi pesanti che caratterizzano ogni allenamento coi pesi, consumano quasi esclusivamente glicogeno, un combustibile accumulato nei muscoli stessi e che deriva necessariamente dai carboidrati ingeriti.
Impoverendo i muscoli di glicogeno, con una dieta povera di carboidrati, il muscolo non sarà più in grado di effettuare quelle ultime ripetizioni che sono fondamentali per lo sviluppo di forza, massa, tono muscolare, etc.
E’ difficile dare indicazioni precise in senso quantitativo: in linea di massima dirò che un’ora effettiva di allenamento con i pesi (cioè considerando pause di recupero, non …..di chiacchiere!) comporterà un consumo di 60-150g di carboidrati, a seconda dell’intensità dell’allenamento e dell’entità dei pesi usati.
Un tempo si soleva distinguere i carboidrati edibili in 2 categorie: semplici (monosaccaridi, cioè zuccheri della frutta, zucchero da cucina, miele, etc.) e complessi (amidi della pasta, del riso, del pane, etc.).
Ora le cose sono un tantino più complesse, in quanto si preferisce parlare piuttosto di indice glicemico dei vari cibi carboidratici.
Più alto è l’indice glicemico, più rapido è l’assorbimento-digestione del carboidrato in questione, con possibilità di salita rapida del tasso di zucchero nel sangue (iperglicemia), seguita dal fenomeno opposto (ipoglicemia) a causa di una eccessiva secrezione di insulina. In ultima analisi i cibi ad alto indice glicemico (concetto simile in parte a quello vecchio di carboidrati semplici) tendono a dare, a parità di calorie, un maggiore accumulo di grasso e una paradossale “perdita di energia” nelle ore dopo il pasto. Ecco che sarà bene perlomeno mescolare nello stesso pasto cibi ad alto indice glicemico (sempre però in quantità limitata) con cibi a indice medio o basso (pasta, alcuni tipi di frutta).
Come si vede, il pane ha un indice relativamente alto, la pasta asciutta molto minore, la frutta in genere ha un indice medio-basso (ed è qui che si evidenzia una differenza dalla classificazione tradizionale degli zuccheri semplici). Cibi ricchi di fibre, come i legumi e le susine, hanno un indice molto basso (sono a lenta digestione). Per quanto riguarda le proteine, la loro importanza nella dieta degli sportivi in genere è stata invece spesso sopravvalutata. Si sono viste diete contenenti quantità esagerate di proteine (fino a 4-5 gr. per Kg di peso corporeo).
Mi preme pertanto chiarire il primo concetto: le proteine sono sostanze plastiche che, oltre a fornire energia, hanno un più importante ruolo, quello plastico. Sono cioè, in parole povere, i “mattoni” con cui si costituisce la trama portante del corpo (muscoli in particolare, ossa, capelli, etc.). E’ chiaro che se si desidera aumentare la massa muscolare occorre necessariamente fornire un surplus di proteine (l’organismo infatti è purtroppo capace di trasformare carboidrati e proteine in grassi, ma non viceversa). Non ci sono, insomma, ampie scorte di proteine nel corpo.
Su quale debba però essere l’apporto ottimale l’idea non è chiarissima: sembra però che, in fase di massimo accrescimento muscolare dovuto ai duri allenamenti con i pesi, 1,5-2,5 (max) g per chilo di peso corporeo al giorno siano l’optimum.
In una dieta equilibrata esse saranno sia di origine animale che vegetale. E’ bene che questo quantitativo, piuttosto rilevante se paragonato alla comune alimentazione italiana, sia suddiviso in più piccoli pasti (tramite spuntini tra i 3 pasti principali) al fine di garantire la migliore assimilazione di questi nutrienti essenziali.
Una volta però raggiunto il valore ottimale, non dovete credere che ingerendo altre proteine stimolerete il corpo ad una crescita forzata (al limite è come pretendere di fare andare più veloce una macchina allargando troppo il getto dei carburatori). In effetti, un eccesso di proteine “ingolfa” il corpo, costringendo fegato e reni ad un superlavoro , e avvelenando (transitoriamente) il corpo stesso con le scorie azotate. Non vi sentirete mai troppo bene né efficienti con una dieta siffatta (che può togliere l’appetito, oltre a dare problemi di intestino): dunque paghereste di più per avere meno.
Spesso inoltre un alto consumo dei cibi proteici si accompagna ad un’eccessiva introduzione di grassi (presenti nei cibi stessi) soprattutto se si esagera con formaggi, uova e carne in generale (solo nel caso di diete ristrette).
In una tale situazione, se l’apporto calorico globale è basso, sarà facile che le proteine del corpo o della dieta siano trasformate in energia, e non utilizzare quindi a fini costruttivi, plastici, dando luogo a scorie.
Di qui è ribadita l’importanza di un corretto equilibrio tra nutrienti energetici (carboidrati, grassi e proteine) come indicato precedentemente.
Ricerche e pratiche recenti hanno invece suggerito come una particolare manipolazione dell’apporto di proteine (somministrazione di aminoacidi particolari, singoli o in gruppi) possa creare condizioni più favorevoli in alcune situazioni – soprattutto aumento della massa muscolare, miglioramento del sonno, tollerabilità di diete molto “tirate”.
Non rientrando però nella comune alimentazione, questo interessante argomento esula da questa sede: voglio ricordare soltanto che questa manipolazione andrà effettuata da esperti, trattandosi di un discorso “farmacologico” più che dietetico in senso stretto.
Per quanto riguarda i pasti in generale, ribadisco il concetto che pasti più piccoli e più frequenti (a parità di composizione globale) siano da preferirsi, appunto per digerire meglio le proteine ed anche per mantenere il metabolismo più alto. Anche l’accumulo di grasso sarà inferiore, proprio perché, ovviamente, il corpo saprà utilizzare meglio le calorie date poco alla volta: se le stesse fossero fornite cumulativamente, si produrrebbe soltanto un dannoso accumulo di grasso. Le vitamine sono invece sostanze che non forniscono calorie in maniera significativa, ma che parimenti sono di fondamentale importanza per la vita e lo sviluppo corporeo, in quanto entrano a far parte degli enzimi che controllano le reazioni chimiche dell’organismo.
Una trattazione di ciascuna vitamina (fonti dietetiche, effetti fisiologici, sintomi di carenza, etc.) richiederebbe pagine e pagine. Mi limiterò pertanto a ricordare che una dieta equilibrata (le vitamine sono presenti in piccole ma sufficienti quantità in quasi tutti i cibi, soprattutto quelli di origine vegetale) basterà a coprire il fabbisogno in un soggetto normale.
E’ però possibile che, in caso di restrizione dietetica e/o stress fisici intensi e ripetuti (quali quelli di un allenamento con i pesi) la dieta da sola non basti. Se questo fatto può essere temporaneamente tollerato per un sedentario, così non sarà per il culturista – che deve cercare in ogni momento di essere vicino all’optimum nutrizionale. Ecco che quindi si può ricorrere ad integrazioni di vitamine in capsule o compresse. Ne esistono di varie marche, ricorderò però che l’importante è che le varie vitamine siano assunte in modo equilibrato e senza eccessi. Uno squilibrio fra due vitamine può portare infatti ad una sintomatologia simile alla carenza di quella fornita in quantità minore. Inoltre, un eccesso in termini assoluti di una vitamina liposolubile (E, A, e soprattutto D) causerà senz’altro una malattia da intossicazione vera e propria, talora anche gravissima. Non è per fortuna così, invece, nel caso delle vitamine idrosolubili (C e del gruppo B) i cui eventuali eccessivi apporti sono facilmente eliminati dall’organismo. Ma è anche vero che una dose più alta di quella ottenibile con qualsiasi dieta (dose detta farmacologica) può migliorare significativamente alcune attività metaboliche in senso positivo per l’atleta.
Quindi, a parte l’assunzione di preparati multivitaminici a dosi piccole, ricordate sempre che l’uso di dosi farmacologiche di vitamine può portare anche a danni: perciò questo regime particolare può essere effettuato solo sotto una indicazione ed una supervisione altamente qualificate.
Infine, i minerali sono sostanze di struttura inorganica che, come le vitamine, sono presenti in molti cibi e assolvono a funzioni fondamentali di bio-regolazione. Calcio, potassio, sodio, cloro, ferro, rame, etc., sono in genere largamente forniti da una dieta normale. Anche qui, purtroppo, lo spazio non mi consente di entrare in dettagli, considerando che ogni minerale è un “mondo a se stante” per le sue molteplici funzioni. In genere l’atleta culturista non ha particolari problemi riguardo ai sali; va però assolutamente ricordato che una strategia di apporti differenziati, attentamente pianificata, è di fondamentale importanza nella fase di preparazione ad una gara (esempio: equilibrio del sodio e del potassio), o in certi casi sarà utile anche per correggere disturbi minori dello stato di salute e della forma fisica anche in culturisti non competitivi.
Se per le vitamine è però possibile fare “pasticci”, lo è certo ancor di più coi sali, specie riguardo a calcio, sodio e potassio, fortemente implicati nel controllo dei liquidi corporei e della pressione arteriosa. Anche qui, pertanto, è buona norma per i medici che seguono gli atleti con manipolazioni dei sali minerali, una cautela ed una professionalità assolute.