Il glutine è una sostanza lipoproteica prodotta dall’unione di due tipi di proteine: la gliadina e la glutenina presenti principalmente nell’endosperma delle cariossidi di cereali quali frumento, farro, segale e orzo. Nei celiaci l’esposizione alla gliadina causa una reazione infiammatoria che porta ad una progressiva riduzione dei villi intestinali, strutture preposte all’assorbimento, provocando un danno alla mucosa intestinale che compromette l’assunzione di altri nutrienti. Sebbene un italiano su 100 sia celiaco e manifesti una specifica sintomatologia (nausea, vomito, diarrea, stipsi e addome gonfio) la celiachia può anche essere asintomatica, pur continuando a danneggiare l’organismo. Inoltre è sempre più diffusa anche un’altra problematica legata al glutine, ovvero la gluten sensivity. In questo caso ci si ritrova in presenza di sintomi sovrapponibili a quelli della sindrome da colon irritabile (gonfiore, sonnolenza, diarrea, stipsi, dolori addominali, cefalea, depressione), pur non manifestandosi una vera e propria reazione infiammatoria. In uno studio condotto in Brasile gli scienziati hanno somministrato una dieta ricca di grassi a due gruppi di topi; un gruppo riceveva anche pasti contenenti glutine mentre l’altro no. Dopo otto settimane il peso dei topi che avevano seguito una dieta priva di glutine era aumentato meno rispetto ai topi che invece avevano associato all’assunzione del glutine una dieta iperlipidica. Inoltre erano state osservate nei topi del primo gruppo, una riduzione dello stato infiammatorio ed una risposta insulinica migliore. Dunque escludere il glutine dalla propria dieta potrebbe essere utile non solo per perdere peso ma anche per ridurre nel tempo l’accumulo di grasso e l’insulino resistenza. Ovviamente bisogna considerare che lo studio è stato effettuato su topi ed è necessario quindi condurre ulteriori ricerche sull’uomo.
