OLYMPIAN’S – giugno 2011
Invecchiare bene è da sempre il sogno dell’umanità. Bellezza, successo, una vita dinamica piena di aspettative sembrano un’esclusiva dell’età giovanile. Questo atteggiamento però sta cambiando. Oltre 1 miliardo di persone della popolazione mondiale sta giungendo all’età dove si comincia a pensare alla salute ed al benessere; in particolare, oggi sta cambiando la concezione di salute, non più intesa solo come stato senza malattia, ma la ricerca di una condizione di benessere in cui ci si sente più sani e più efficienti. Inoltre, l’aumento della durata media della vita, non associato ad azioni di prevenzione verso le tipiche patologie cronico-degenerative dell’invecchiamento, ha portato ad un esponenziale aumento dei costi sanitari. Addirittura, talune patologie come la sindrome metabolica, tipicamente legata ad errati stili di vita, è oggi considerata la vera epidemia sanitaria del nostro secolo. Le cause di un più o meno rapido invecchiamento sono da attribuirsi per circa il 35% a fattori genetici e per ben il 65% a fattori ambientali e stile di vita, come alimentazione, attività motoria, stress e abitudini voluttuarie. La medicina anti-aging è “una specialità medica fondata sulla applicazione di tecnologie mediche e scientifiche per la individuazione precoce dei problemi, la loro prevenzione e trattamento e per invertire il decorso delle varie disfunzioni dei disturbi e delle malattie età-correlati” (Klatz e Goldman, 2003). Presupposto cardine della medicina anti-aging è il seguente: l’invecchiamento non esiste senza degenerazione ed è quindi un processo fìsio-patologico su cui si deve intervenire precocemente per ridurre il rischio di sviluppare malattie cronico-degenerative. Con analisi predittive, diagnosi precoce ed interventi appropriati, la maggior parte di queste malattie può essere evitata e curata.
Le analisi predittive per eccellenza sono senz’altro i test genetici.
Esiste oggi una crescente percezione dell’importanza degli aspetti genetici ereditari nella predisposizione e nello sviluppo di molte patologie umani comuni (malattie cardiovascolari, tumori, malattie neurologiche ed altre) nonché nella presenza di alcune caratteristiche fisiche e comportamentali. La conoscenza della sequenza del genoma umano consente oggi di analizzare le variazioni che caratterizzano la diversità che distingue ciascun individuo.
Il genoma rappresenta il patrimonio genetico di un organismo vivente. Tale patrimonio è contenuto nel filamento del DNA (acido deossiribonucleico) sotto forma di un preciso susseguirsi di elementi di base, detti nucleotidi – i composti chimici adenina, timina, guanina e citosina, abbreviati A, T, G, C), nel numero totale di circa 3 miliardi; la sequenza con cui i nucleotidi si succedono nel genoma costituisce l’informazione genetica.
E’ interessante notare che dei 3 miliardi di nucleotidi contenuti nel DNA umano, il 99,9% e’ condiviso da tutti gli individui e la diversità’ degli organismi umani e’ quindi caratterizzata dallo 0.1% di differenze (ovvero, in media, circa 1 nucleotide su 1.000). Sembra una quota minima ma equivale a 3 milioni di nucleotidi che variano da individuo a individuo, che ne determinano l’unicità rispetto agli altri esseri umani, e ne condizionano le caratteristiche fisiche, il temperamento e l’eventuale predisposizione a sviluppare una particolare patologia.
I nostri geni
Le unità funzionali del genoma sono i geni, che si succedono lungo il filamento di DNA. Ciascun gene e’ rappresentato da una porzione di genoma che contiene, nella maggior parte dei casi, l’informazione per sintetizzare una specifica proteina. Sono di fatto le proteine i costituenti fondamentali del nostro organismo: e’ una proteina, detta emoglobina, quella che trasporta l’ossigeno nel nostro sangue, una proteina (la miosina) quella che permette ai nostri muscoli di contrarsi, una proteina (la rodopsina) quella che ci consente di vedere, e così via. Sono proteine anche quelle che consentono al nostro cervello di funzionare e costituiscono i recettori per i segnali chimici con cui i nostri neuroni comunicano tra di loro. Le proteine sono costituite anch’esse dalla successione di costituenti chimici di base, gli amminoacidi, la cui sequenza e’ determinata dalla sequenza dei nucleotidi nel DNA; il Codice Genetico funge da traduttore tra il linguaggio del DNA (successione di nucleotidi) ed il linguaggio delle proteine (successione di amminoacidi). Il DNA, quindi, e’ la banca dati che contiene le informazioni per costruire un organismo e regolarne le caratteristiche.
l Progetto Genoma Umano è un progetto internazionale che ha avuto lo scopo di mappare interamente il genoma umano: conoscerne la sequenza di nucleotidi, localizzare la posizione dei circa 25.000 geni che caratterizzano la specie umana e descriverne la funzione. La comprensione della funzione dei geni e di quali malattie possono derivare dalle loro alterazioni costituisce l’obiettivo finale del progetto. Tra i risultati del Progetto Genoma, il meno atteso e’ stato certamente la scoperta che la specie umana contiene “solamente” circa 25.000 geni, da confrontarsi con i circa 28.000 di una pianta, i 18.000 di un verme, e 12.000 del moscerino della frutta, differenze non abbastanza marcate per spiegare, unicamente attraverso il numero dei geni, la complessità dell’organismo umano rispetto a forme di vita più semplici. Ancora più’ sorprendente è l’osservazione che, della totalità della sequenza del DNA, la porzione che contiene l’informazione per sintetizzare le proteine rappresenta soltanto meno del 2%, e che quindi più del 98% ha evidentemente altre funzioni, che noi al momento non conosciamo.
Variabilità’ genetica, SNP e genotipizzazione
Nonostante la maggior parte del nostro genoma sia identica, vi sono quindi delle variabilità di sequenza che, insieme all’influenza ambientale (educazione, stili di vita, eventi intercorrenti), concorrono a determinare quell’individualità che è caratteristica dei diversi esseri umani.
Gran parte della variabilità del genoma dei diversi individui è riconducibile a singoli cambiamenti di nucleotidi, ad esempio la presenza di una G invece che una T, o una G al posto di una A in determinati geni, oppure alla mancanza di uno o più nucleotidi. Nel caso questi cambiamenti determinino un’alterazione importante della proteina codificata dal gene, si sviluppa una malattia genetica vera e propria (ad esempio, la fibrosi cistica, la talassemia, le distrofie muscolari, e molte altre). Fortunatamente, la maggior parte dei 3 milioni di possibili variazioni non cambia in maniera sostanziale una proteina, ma ne modifica in maniera sottile la funzione, o ne altera i livelli di espressione. Nella maggior parte dei casi, questo tipo di variazione interessa un singolo nucleotide, ed è quindi chiamato polimorfismo del singolo nucleotide (single nucleotide polymorphism), in termine gergale SNP (pronunciato snip). L’insieme degli SNP di un individuo, quindi, determina la sua unicità rispetto agli altri esseri umani, e ne condiziona le caratteristiche fisiche, il temperamento e l’eventuale predisposizione a sviluppare una particolare patologia.
La genotipizzazione (genotyping è’ la procedura che permette di determinare gli SNPs di un determinato individuo; questa determinazione può essere eseguita con diverse tecnologie, ormai patrimonio di tutti i laboratori avanzati di genetica e biologia molecolare. Conoscere quali sono le differenze individuali tra genomi può permetterci potenzialmente di conoscere quali sono le nostre caratteristiche e tra queste le nostre predisposizioni ad eventuali malattie a carattere ereditario.
I geni e le malattie umane
La trasmissione ereditaria garantisce la conservazione dei caratteri della specie e, allo stesso tempo, la loro ricombinazione e variazione per consentirne l’adattabilità dell’individuo all’ambiente. Ciascuno di noi, quindi, presenta alcuni caratteri genetici propri di altri membri della nostra famiglia perché ha ereditato dai genitori un pacchetto di informazioni contenute nei geni. La maggior parte dei caratteri umani come l’altezza, il colore della pelle, degli occhi e dei capelli ma anche la pressione sanguigna, ecc., viene influenzata da diversi geni, spesso diverse decine, e caratterizzata quindi dalle combinazioni degli SNP propri di quei geni. Altre caratteristiche, tra cui, tipicamente, la propensione o meno ad ammalarsi, viene determinata, oltre che dai geni, anche dall’influenza di fattori ambientali. Ad esempio, la probabilità di sviluppare un infarto cardiaco è dovuta da un lato alla predisposizione genetica e dall’altro alle abitudini alimentari ed allo stile di vita. Tuttavia, riuscire a capire, tramite l’analisi degli SNP, che un individuo è più o meno predisposto a sviluppare una determinata patologia può consentire di modificare precocemente le proprie abitudini e stili di vita, o iniziare un’appropriata terapia in modo da ridurre il rischio.
La medicina personalizzata
L’individualità e la specificità dell’organismo umano sta quindi acquisendo un ruolo di primo piano nel definire soluzioni terapeutiche mirate e costruite sulla personale storia genetica di un individuo, in contrapposizione all’approccio gneralizzato di cura e prevenzione che ha finora caratterizzato il campo medico. Con il termine “medicina personalizzata”, si intende l’utilizzo combinato da un lato delle informazioni genetiche di un paziente (sequenza genetica o genotipo, espressione dei geni) e dall’altro della sua storia clinica al fine di decifrare al meglio i sintomi di una malattia, fornire i farmaci o le terapie più appropriate, o nel migliore dei casi, agire in maniera preventiva e fornire al paziente il farmaco corretto nella corretta dose e al corretto momento.
L’efficacia della medicina personalizzata risiede innanzitutto nella sua accuratezza, tale da rendere possibile in linea di principio il trattamento esaustivo o addirittura la prevenzione di molte malattie.
LA DIETA E L’ALLENAMENTO PERSONALIZZATO
I fattori che predispongono un individuo allo sviluppo di un disturbo alimentare che porta all’obesità non sono ancora completamente chiari, ma vi è una evidente concomitanza di fattori genetici, fattori psicosociali e fattori culturali. L’obesità di per sé’ non è una malattia, ma rappresenta uno dei principali fattori di rischio per l’insorgenza delle malattie cardiovascolari e della malattia metabolica.
Recenti studi hanno evidenziato come stia emergendo una nuova possibile prospettiva di causa dell’obesità e dei disturbi alimentari sottolineando l’impronta genetica alla base di queste patologie. La conseguenza di una predisposizione genetica può agire non solo sull’affinità di una persona verso una particolare tipologia di alimenti ma anche sulla tendenza ad aumentare la massa corporea e ad accumulare grasso oltre che ad avere un forte desiderio di sfamarsi senza sentirsi mai sazi.
Molto interessante è l’individuazione di determinati SNP legati alla metabolizzazione dei grassi, dei carboidrati e alla risposta all’esercizio fisico nell’ottica di poter attuare le migliori strategie per ottimizzare la composizione corporea. Ebbene i geni coinvolti in questi meccanismi sembrano essere i seguenti:
PPARG2 (regola l’accumulo degli acidi grassi in adipogenesi e il metabolismo del glucosio modulando la sensibilità insulinica).
APOE (svolge un ruolo importante nel metabolismo lipidico prendendo parte al trasporto diretto ed inverso del colesterolo delle cellule)
FTO (sembra verosimile un suo ruolo nella demetilazione del DNA, i suoi SNP sono associati ad un maggior rischio di diabete di tipo2 e all’obesità)
ADRB2 (espresso preferibilmente nel tessuto adiposo, è deputato ai processi di mobilizzazione del grasso a scopo energetico in risposta alle catecolamine, adrenalina e noradrenalina)
ADRB3 (espresso nel tessuto adiposo viscerale coinvolto in processi di lipolisi e termogenesi; le sue variazioni sono importanti in relazione alla risposta dell’organismo all’esercizio fisico).
SCG3 (responsabile della secrezione di molecole neuroendocrine, i geni dei recettori adrenergici collegati al metabolismo dei lipidi ed il neuropeptide Y, legato al controllo dei livelli di colesterolo)
Senza entrare nel dettaglio specifico possiamo dire che tramite l’individuazione di determinati polimorfismi è possibile capire se siamo individui più sensibili ai carboidrati oppure ai grassi e così orientarci meglio nel panorama delle molteplici percentuali ideali dei macronutrienti, stabilire di quanta attività fisica abbiamo bisogno per ottenere un buon risultato e sapere se rispondiamo bene all’attività moderata oppure intensa. A proposito di questo voglio citare la mia esperienza personale: per quanto mi riguarda so che per poter avere dei buoni risultati in termini di densità e definizione muscolare devo allenarmi molto; l’ho scoperto dopo molteplici prove ed errori che senz’altro mi hanno fatto perdere tempo (vedi articoli “Quanto?” – www.massimospattini.it/quanto.htm e “Non sempre meno è meglio” – www.massimospattini.it/nonsempremenoemeglio.htm). Ebbene, ho recentemente eseguito uno dei test genetici presenti sul mercato per valutare la predisposizione genetica alla risposta all’esercizio fisico e la risposta è risultata essere: “Bassa responsività” (richiede un livello relativamente elevato di attività fisica). E’ stata per me una conferma e non mi sono demoralizzato perché forse anche Arnold Schwarzenegger aveva i miei stessi SNP.
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GeneBright – Analisi genetica personalizzata
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Hubàcek JA. Eat less and exercise more – is It really enough to knock down the obesity pandemia? Physiol Res. 2009;58 Suppl 1:S1-6.
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Ortega Alonso – Genetic influences on adult body mass index followed over 29 years and their effects on late-life mobility: a study of twin sisters. J Epidemiol Community Health. 2009 Aug;63(8):651-8.