INTERVISTA A MASSIMO SPATTINI (di Piero Nocerino)
Body’s Magazine – mag/giu 1995
Il calendario attaccato al muro indica il mese di Dicembre 1994 e, tenuto conto che il nostro incontro è avvenuto nella prima decade di Novembre, devo dedurre che il nostro è con un piede nel futuro. E’ infatti del futuro che si colloquia nella splendida Beauty Clinic in Via Lanfranco a Parma, un futuro riguardo il B.B. e la gestione del corpo in generale.
Massimo è ancora innamorato, lo si vede, delle sue foto un po’ nascoste dietro una libreria, testimonianze, neanche troppo lontane, di un passato che prometteva un grande futuro agonistico. Un plicometro, una scrivania ordinatissima, costosissimi macchinari dalla elettrolipolisi alla elettrostimolazione, che catturano i nostri sogni da enormi Frankestein del 2000.
Massimo è lucido, quasi freddo nella sua perfetta analisi della situazione attuale. Ed è soprattutto disincantato dopo il cosmico trauma determinato dallo squallore della Selezione Mondiale IFBB svoltasi a Pesaro, disertata da pubblico ed atleti.
“Il culturismo è moribondo, almeno in questa veste attuale”, mi dice frantumandomi il cuore, “non esistono personaggi trainanti, quali Tomba nello sci o gli Abbagnale nel canottaggio. Arnold rimane un episodio unico ed irripetibile. In Italia poi l’apoteosi si è manifestata con tutto un vantaggio culturale (?) che ha creato i diplomi per corrispondenza o in omaggio con l’ordine di attrezzi; che ha partorito una metodologia di gestione dell’immagine che si esauriva nel punire costumi troppo bassi o routines eccessivamente coreografe” – Massimo continua calmo fino al momento in cui il discorso tocca l’argomento doping. “Nei pollai”, mi dice aggiustandosi sulla poltrona, “per attenuare le tensioni conflittuali determinate dallo stress di una promiscuità eccessiva, viene continuamente beccato lo stesso pollo eletto a valvola di sfogo di una innaturale condizione di vita. Siamo il materasso degli altri sports, pertanto non è certo scandaloso che venga pubblicata la foto di un culturista quando è trovato positivo un ciclista.
Proprio sulle nostre riviste, inoltre, si stendevano in pubblico quei panni sporchi che in altre federazioni si occultano con cura. C’è sempre stata poi la forte volontà di non creare troppi entusiasmi nei confronti degli atleti”.
Ad un certo punto mi ricordo che Massimo è un medico e mi sono pertanto sentito in dovere di chiedere, oltre alla diagnosi del malanno, anche la prognosi e le medicine per la cura. “Il grosso problema è determinato dal fatto che il culturismo non è inserito, come negli USA, in un contesto sociale solido. Anche negli Stati Uniti la crisi esiste, ma i culturisti sono i veri depositari della cultura del corpo anche intesa, come i media quali la televisione testimoniano quotidianamente, come gestione del rapporto con le persone di tutti i giorni. La casalinga ammira e si fida dei consigli del trainer, ed è per questo che proprio il “personal trainer” è un’entità di grande presa sul pubblico. E’ molto grave invece il malato italiano, per mancanza di cultura degli operatori, per assenza totale di immagine, per latitanza di sponsor esterni al nostro ambiente. Io consiglio l’eutanasia. Lascerei morire il culturismo così come è inteso oggi. E’ vero, la moda si rivolge al “muscolo”, ma è un muscolo fitness e non alla ricerca della massima ipertrofia – “Dopo la grande mazzata mi sento di un catabolico assoluto, in crisi di identità” – La mossa intelligente potrebbe essere questa: la gente vuole fitness, ma nessuno sa veramente cosa sia in realtà questa entità, e soprattutto noi per primi non ci rendiamo conto che pur essendo piloti di Formula 1 possiamo insegnare anche a guidare le utilitarie. Non dobbiamo focalizzare sulle passioni, che comunque possiamo coltivare, ma adeguarci professionalmente alle nuove esigenze del mercato”.
Poi , insieme, cerchiamo di fissare dei punti cardine di questa interessante scuola di pensiero.
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Cambiare volto alle gare di B.B., nel senso di snellire l’apparato obeso del pre-gara e della gara serale.
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Fornire al pubblico un round di carattere prestazionale così come accade nelle gare di Fitness femminile.
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“Costruire” l’immagine dell’uomo fitness così come Weider inventò il culturismo moderno creando Arnold.
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“Normalizzare” il livello del trofismo in modo da avvicinarsi ad un modello raggiungibile dalla grande massa degli utenti.
“In effetti” continua Massimo, “anch’io oggi come oggi preferisco vedere una gara fitness piuttosto che osservare un Dillet ansimare schiacciato da un atletismo molto discutibile. Non è stata una bella immagine per il nostro sport”.
A proposito di Stati Uniti: quale credi sia la reale differenza tra noi e loro? “Secondo me è tutto spiegabile con un esempio: Flavio Baccianini in Italia aveva un fisico italiano, carico di tutti i messaggi negativi che la società ci sputa addosso. Negli USA Flavio è sbocciato, e non per una questione farmacologica (che oltreoceano sono di più difficile reperibilità), ma proprio per la carica emotiva che un ambiente ben diverso dal nostro infonde negli atleti”.
Ora parliamo del presente professionale di Massimo. E’ un presente che sfocia in un futuro molto interessante che ha già un nome: Associazione Italiana di Morfoterapia.
Questa entità si propone di trattare il soggetto come tale e non come una tipologia generale stile “medico della mutua”.
Anche l’aspetto dietologico risponde ad un approccio che guarda al soggetto in maniera olistica, con le sue abitudini ed i suoi istinti che sempre e comunque vanno ascoltati quali precisi messaggi che il corpo invia con estrema precisione. Anche la tendenza ad accumulare grasso in un distretto piuttosto che in altri. E’ un segnale di una soggettiva “diversità” biologica.
Massimo si propone un viaggio affascinante nel cosmo di un settore finora troppo approssimativo per avere il diritto di un crisma scientifico.