Home ABSTRACT L’orzo aiuta riparare i danni dell’infarto: una ricerca italiana
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L’orzo aiuta riparare i danni dell’infarto: una ricerca italiana

L’orzo aiuta riparare i danni dell’infarto: una ricerca italiana
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ROMA L’orzo, uno dei cereali più usati nella dieta mediterranea, aiuta a “riparare” il cuore. Lo rivela uno studio pubblicato su “Journal of cellular and molecular medicine”, condotto al laboratorio di Scienze mediche dell’Istituto di Scienze della Vitadella Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e sviluppato in collaborazione con il pastificio Attilio Mastromauro di Corato (Bari).

La ricerca stabilisce che il cereale è una ricca sorgente naturale di una sostanza, il beta-glucano idrosolubile, che stimola la formazione di nuovi vasi sanguigni, in presenza di uno stress ossidativo, e può, dunque, aiutare le persone infartuate.

L’azienda pugliese, spiega una nota della Scuola Sant’Anna «ha contribuito allo studio anche attraverso la produzione di una speciale pasta arricchita da beta-glucano d’orzo, che si sta confermando un alimento dalla promettenti caratteristiche nutraceutiche».

Lo studio ha dimostrato che il trattamento delle cellule endoteliali cardiache con beta-glucano d’orzo aumenta i livelli di un enzima essenziale, la manganese superossido dismutasi, già noto per aumentare le difese antiossidanti e l’abilità rivascolarizzante (riparatrice) delle cellule endoteliali . «L’endotelio che riveste le coronarie di un uomo adulto – spiega Vincenzo Lionetti, direttore del laboratorio pisano – difficilmente genera nuovi vasi in un cuore infartuato. La scarsa capacità angiogenica delle cellule endoteliali adulte è anche alla base della scarsa capacità auto-riparativa del cuore adulto. Il risultato del nostro studio è stato raggiunto con un approccio non invasivo e l’utilizzo dello stato dell’arte della modellistica sperimentale, anche in collaborazione con l’Istituto di Fisiologia clinica del Cnr di Pisa e della Fondazione Monasterio».

Lo studio dimostra, prosegue Leonetti, che «la natura spesso offre i rimedi per molte malattie, come il danno cardiaco da infarto, ma occorre cercarli».

Il Messaggero 29/09/2014