MITI E CERTEZZE ALIMENTARI: I CARBOIDRATI
California Sport & Fitness – febbraio 2002
Cibi “no fat” che ingrassano, i segreti del fruttosio, dei cornflakes e del pane bianco: è ora di fare chiarezza su alcune bugie alimentari in arrivo dagli Stati Uniti.
Nel campo dell’alimentazione siamo bombardati da informazioni; infatti tutti i giornali e le riviste, non solo quelle dedicate al fitness e al benessere, contengono articoli sull’alimentazione e spesso propongono diete che non hanno in realtà alcun valore scientifico. Ma l’ignoranza è invece ancora diffusa riguardo al corretto approccio alimentare.
In merito a ciò posso raccontarvi un aneddoto capitatomi recentemente con un mio paziente. La persona stava seguendo un regime alimentare rivolto al dimagrimento. Ripresentatasi al controllo dopo la vacanza estiva, invece che essere dimagrita era di nuovo ingrassata. Alla mia domanda se avesse seguito la dieta, rispose:”Ho addirittura mangiato di meno, stavo in barca tutto il giorno e siccome faceva un gran caldo praticamente bevevo soltanto”. Interrogata su quale tipo di bevanda avesse principalmente consumato, mi rispose: “Coca Cola, Aranciata, tutta roba leggera!”.
Ecco un classico esempio di ignoranza, evidentemente non sapeva che i soft drink sono delle bombe di zucchero in soluzione che hanno un effetto ingrassante. Forse a causa di questa reale disinformazione c’è ancora al giorno d’oggi molta confusione oltre che un certo scetticismo anche perché, in effetti, “regole” che sembrano alla base dell’alimentazione vengono molto spesso capovolte. E’ il caso , per esempio, delle diete a basso contenuto di grasso e ricche di carboidrati; per tanti anni sono state proposte per promuovere il dimagrimento, ma poi si è visto che se il messaggio non era ben chiaro il risultato era addirittura quello di un aumento del grasso corporeo. E’ quello che è successo alla popolazione americana che, bombardata dalla pubblicità dei cibi senza grassi (no fat), sulla scia delle indicazioni della maggior parte dei nutrizionisti, si è gettata sul consumo senza limiti di cibi “no fat”, pensando che fossero assolutamente salutari e non ingrassanti. Il marketing del “no fat” ha portato i commercianti addirittura a scrivere “no fat” sulle confezioni di zucchero da cucina!
Questo sbagliato sistema di comunicazione (è vero che lo zucchero da cucina non ha grassi ma non è vero che non fa ingrassare) ha portato negli ultimi anni ad un aumento del 6% del numero degli obesi in America. Qui in Italia senz’altro prevale il concetto di un’alimentazione equilibrata secondo i dettami della cosiddetta “dieta mediterranea” che privilegia i carboidrati come fonte energetica primaria e su questo possiamo anche in parte essere d’accordo, ma è comunque importante conoscere e sfatare alcuni miti riguardo i carboidrati in maniera da poterli conoscere meglio e non sbagliare come gli americani hanno invece fatto.
MITO N° 1 : “i carboidrati sono sempre salutari per l’organismo”
Fatti: nella cultura popolare degli ultimi decenni, così come i grassi sono considerati cattivi, in anteposizione i carboidrati sono considerati buoni.
Un classico esempio, è la cosiddetta dieta mediterranea, che privilegia appunto i carboidrati e la piramide del mangiare sano alla cui base si privilegiano i cereali ricchi di carboidrati. L’apporto di carboidrati minimo consigliato, è del 50% fino ad arrivare anche all’80% (delle calorie totali assunte) nel caso di diete ipercaloriche per atleti di resistenza. Un consumo così elevato di carboidrati, però, non è sempre salutare per l’organismo. Per prima cosa, bisogna distinguere tra carboidrati semplici e carboidrati complessi: i primi sono costituiti da molecole di monosaccaridi e disaccaridi ( per es: glucosio, fruttosio, lattosio, maltosio, saccarosio) che vengono assorbiti più velocemente dall’organismo; i secondi sono formati invece da polisaccaridi quali maltodestrine, amidi che normalmente vengono assorbiti più lentamente dall’organismo.
La velocità dell’assorbimento dei carboidrati, oltre che la quantità assunta, si riflette sulla curva glicemica che, nel caso di abbondante assunzione di carboidrati, soprattutto se semplici, subisce un’impennata che corrisponde ad un’iperstimolazione di insulina con ripercussioni negative sull’organismo. Sembra infatti che l’iperinsulinismo sia responsabile della maggior parte delle malattie croniche di tipo degenerativo quali diabete, ipertensione, obesità, aterosclerosi.
MITO N° 2 : “i carboidrati complessi non fanno ingrassare ”
Fatti: innanzi tutto bisogna spiegare la differenza tra carboidrati complessi e semplici:
i semplici sono costituiti da monosaccaridi e disaccaridi, cioè formati da una o due molecole di zuccheri come glucosio e/o fruttosio, che possono quindi essere assorbiti velocemente e facilmente. Una particolarità del fruttosio è che, pur essendo uno zucchero semplice, non provoca un rapido innalzamento della glicemia e quindi non stimola l’insulina che è l’ormone che favorisce lo stoccaggio del grasso.
Viceversa, esistono certi carboidrati complessi, come quelli che derivano dalla raffinazione dei cereali( ad es. i cornflakes) che possiedono un indice glicemico elevatissimo, cioè fanno innalzare la glicemia in brevissimo tempo con la conseguente stimolazione alla produzione e liberazione dell’insulina che favorisce la liposintesi (cioè l’aumento di grasso).
MITO N° 3 : “i carboidrati sono il carburante preferenziale, per l’organismo, durante lo sforzo ”
Fatti: è senz’altro vero che i carboidrati sono fondamentali per la performance atletica, soprattutto di resistenza, in quanto è stato dimostrato che un’assunzione di carboidrati prima della gara o allenamento, ritarda il tempo di esaurimento fisico.
Sono comunque da chiarire due concetti:
E’ bene che il pasto pregara non sia costituito esclusivamente da carboidrati ma anche da un moderato ed adeguato quantitativo di proteine e grassi, che consentano un assorbimento più graduale dei carboidrati, permettendo un rifornimento energetico più costante e prolungato;
Non è vero che i carboidrati sono il carburante preferenziale, infatti il muscolo di uno sportivo ben allenato negli sforzi di tipo aerobico, cioè di resistenza prolungata, utilizza preferenzialmente i grassi come carburante energetico (ad es. in una maratona) e questo permette all’atleta di prolungare la sua prestazione senza esaurire le scorte di glicogeno muscolare (cioè gli zuccheri contenuti nei muscoli) che, se avvenisse, comporterebbe il raggiungimento della fatica e dello scadimento della performance.