FODMAP: UNA MAPPA DEI CIBI DA EVITARE IN CASO DI COLON IRRITABILE
Fodmap in realtà è l’acronimo di: “Fermentable oligo-, di-, mono-saccharides and polyols” ed è una dieta che comporta l’esclusione di quegli alimenti che contengono carboidrati alimentari a catena corta che non vengono assorbiti dall’intestino tenue.
Questi nutrienti, una volta giunti a livello dell’intestino crasso, subiscono un processo di fermentazione ad opera dei batteri intestinali che li digeriscono producendo alcuni gas come idrogeno e metano e altri metaboliti batterici. Non c’è da spaventarsi poiché in un soggetto sano si tratta di un processo normale che non provoca alcun fastidio ma certamente, in alcuni pazienti con colon irritabile (IBS) o malattie infiammatorie dell’intestino (IBD), è necessario fare qualche considerazione in più poiché in questi soggetti i sintomi possono peggiorare comportando quella che viene chiamata “ipersensibilità viscerale
La dieta FODMAP è stata elaborata per gestire i sintomi nei pazienti con IBS (Irritable Bowel Syndrome), un disturbo della funzione gastro-intestinale che interessa un’alta percentuale della popolazione mondiale: i sintomi comprendono gonfiore, crampi e dolori intestinali, diarrea e/o stipsi, meteorismo, fermentazione intestinale, ma anche nausea, pirosi gastrica (bruciore), sensazione di disagio generale, ansia, depressione. I sintomi possono essere tutti presenti o solo alcuni con intensità variabile e possono cambiare nel tempo.
La maggior parte dei pazienti con sindrome del colon irritabile hanno sintomi che compromettono lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Le possibili cause di questa condizione possono essere micro-infiammazioni a lungo trascurate, una flora batterica patogena, o sensibilità/intolleranze alimentari mai diagnosticate.
I cibi FODMAP vengono facilmente fermentati dai batteri intestinali, contribuendo alla produzione di gas e causando gonfiore, tensione addominale e crampi. Inoltre, i cibi FODMAP possiedono proprietà altamente osmotiche, che richiamano acqua nell’intestino e così alterano la velocità dei movimenti intestinali, provocando stipsi, diarrea, o entrambe le condizioni.
Vediamo ora qualche esempio di questi cibi: gli Oligosaccaridi si trovano in frumento, orzo, segale, kamut, lenticchie, ceci, fagioli, cipolla, aglio, porri, scalogno, carciofi, barbabietola, sedano, pistacchi, anacardi; i Disaccaridi si trovano in latticini e gelati; i Monosaccaridi si trovano in mela, pera, cocomero, ciliegie, more, mango, fichi, asparagi, carciofi, piselli, miele, sciroppo di glucosio-fruttosio, sciroppo d’agave, fruttosio industriale, succhi di frutta; i Polioli si trovano in funghi, cavolfiore, broccoli, taccole, albicocca, pesche, prugna, more, mele, dolcificanti che finiscono in – olo (contenuti in chewing-gum e dolci senza zucchero) ma anche il glicerolo che si trova nelle barrette iperproteiche “ zero carb”.
Nella Fase I si eliminano i cibi FODMAP per 3-4 settimane, nella Fase II è sufficiente invece limitarne il consumo nell’alimentazione quotidiana.
Per questo motivo alcuni ricercatori australiani hanno pensato, in caso di sindrome da intestino irritabile, ad un approccio alimentare basato sull’esclusione di alcuni alimenti e il loro progressivo reinserimento per individuare così gli elementi scatenanti i sintomi sino alla stesura di un piano alimentare personalizzato. Samir Sukkar, primario di Dietetica e Nutrizione clinica del Policlinico San Martino di Genova , afferma che nonostante questo approccio sia ancora poco conosciuto nella pratica clinica, la dieta Fodmap sta ricevendo grande attenzione da parte dei ricercatori, con risultati che le conferiscono ancora più credibilità.
Alcuni contengono fruttani, inulina e galatto-oligosaccaridi (Gos), prebiotici che generalmente sono considerati positivi per il nostro organismo poiché stimolano la crescita e costituiscono la ‘dieta ideale’ della flora batterica buona ma che in soggetti predisposti determinano i sintomi che abbiamo citato.
È importante però considerare che la dieta Fodmap è un regime severo che deve essere seguito da un nutrizionista esperto. Deve avere una durata ben precisa e stabilita infatti attraverso alcuni studi si è potuto riscontrare che, una dieta così ristretta a carne, uova , pesce, per più di 6 settimane aveva favorito, in alcuni casi, l’avvio di alterazioni a carico del microbiota e dell’equilibrio nutrizionale con rischi di malnutrizione.
Il rischio del “fai da te” può infatti provocare malnutrizione, impoverimento della flora batterica intestinale o peggiorare la stipsi a causa della scarsità di fibre alimentari.
Nonostante sia ancora poco diffusa, è un approccio valido che ha mostrato risultati significativi sia nella riduzione dei sintomi intestinali che in quelli della qualità della vita. In una revisione pubblicata sull’European Journal of Clinical Nutrition nel 2016 è stata evidenziata una diminuzione generale della severità dei sintomi, con dolore addominale calato di 1,8 volte e gonfiore di 1,7 volte. E benefici sulla qualità di vita generale di 1,8 volte nei trial randomizzati e di 3.2 volte in quelli non randomizzati.
In conclusione si può dire quindi che la dieta Fodmap ha effetti positivi su tutti i sintomi tranne la costipazione, problematica causata dalla riduzione dei Bifidobatteri nel lume intestinale quando l’esclusione delle fibre prosegue oltre le 4 settimane ma che è destinata a risolversi con la progressiva reintroduzione delle fibre.