L’era della scarsità dei micronutrienti è il momento storico in cui viviamo: percentuali sostanziose della popolazione hanno intakes insufficienti di diversi micronutrienti, anche nei paesi industrializzati; le cause sono molteplici. Le tecnologie agricole della rivoluzione verde, ovvero l’uso di prodotti chimici abbinato a sementi ad alto rendimento, producono raccolti meno ricchi rispetto al passato. La raffinazione dei cibi (cereali, olio e zuccheri) comporta una perdita notevole di micronutrienti. L’urbanizzazione/industrializzazione ha spostato il nostro stile alimentare verso la “dieta occidentale”, caratterizzata da un aumento del consumo di cibi ad alto indice glicemico, grassi saturi, diminuzione della densità di micronutrienti e del consumo di fibre.
Se si analizza l’incidenza del fattore economico sulla dieta, le popolazioni con status socioeconomico inferiore hanno una tendenza maggiore a basare la propria dieta su cibi ad alta densità energetica quali cereali raffinati, zuccheri e grassi, in quanto relativamente più economici; la loro dieta risulta povera di micronutrienti; inoltre sono più soggette a sviluppare sovrappeso, obesità e malattie legate al metabolismo.
Per risolvere il problema si può ricorrere ad un’alimentazione basata su alimenti di origine vegetale, recuperare le coltivazioni tradizionali, seguire una dieta che eviti gli alimenti assenti in epoca pre-industriale. Sono molteplici le politiche pubbliche che possono essere intraprese per incidere positivamente sul problema.
Quindi la nostra alimentazione moderna è ricca di macronutrienti (proteine, carboidrati, grassi) e povera di micronutrienti (oligoelementi, vitamine, sali minerali…..)
FONTI VEGETALI DI MICRONUTRIENTI
Qui di seguito si prendono in esame i nutrienti le cui assunzioni sono più spesso insufficienti presso le popolazioni dei paesi industrializzati. Per ogni nutriente vengono elencati alcuni cibi che ne contengono in quantità abbondante.
Calcio
Il calcio si trova in moltissimi cibi: è vero che i latticini sono quelli che ne contengono di più, ma non sono gli unici. Altre notevoli fonti di calcio, di origine vegetale, sono i semi di sesamo e tutte leverdure a foglia verde: spinaci, cavolo riccio, cavolo verza, cime di rapa, basilico, cicorie ed inoltre nelle mandorle, soia, fagioli cannellini, semi di lino. Anche le spezie apportano una modesta quantità di calcio: nonostante se ne usino in piccole quantità, le concentrazioni di calcio sono così elevate da costituire comunque un contributo al totale giornaliero. Tra le spezie più ricche vi sono la maggiorana, il timo, la salvia, l’origano, il rosmarino ed il cumino.
In commercio si trovano inoltre diversi alimenti fortificati: farine di grano con aggiunta di calcio, e bevande vegetali, come latte di soia o di riso con un contenuto di calcio identico al latte di mucca. Questi alimenti possono costituire un’opzione da valutare in caso di carenza.
Tra le fonti di calcio merita di essere menzionata anche l’acqua, il cui calcio ha la stessa biodisponibilità di quello dei latticini. [1] Per quanto riguarda il contenuto di calcio nell’acqua, le marche in commercio presentano una forte variabilità; lo stesso vale per le acque di rubinetto. Se proviamo ad approssimare una media di 200 mg per litro, con un consumo giornaliero di un litro d’acqua copriremmo ben il 20% del fabbisogno.. non male!
Oltre a studiare le fonti di calcio dobbiamo anche cercare di evitare i comportamenti che inducono a perderne: infatti un alto consumo di alcool e caffè porta ad una riduzione dell’assorbimento del calcio. Anche l’alto consumo di sodio, cioè del sale da cucina, porta a forti perdite di questo minerale. Per massimizzare l’assorbimento dovremmo anche smettere di fumare, un cambiamento sicuramente raccomandabile e di cui beneficerà tutto l’organismo!
Altre due sostanze inibiscono l’assorbimento del calcio: i fitati e gli ossalati. I primi si trovano più frequentemente nei cereali integrali, nel sesamo, arachidi e cacao. Quindi ad esempio un pane integrale contiene più fitati di uno fatto con la farina bianca, ma se la lievitazione è avvenuta con il lievito madre questa abbatte il contenuto di fitati. Gli ossalati si trovano soprattutto negli spinaci, nelle bietole e nel cacao.
Per la salute delle ossa non è sufficiente un adeguato apporto giornaliero di calcio. Occorre anche la vitamina D per fissarlo. Questa viene prodotta nella nostra pelle quando la esponiamo al sole, e sono sufficienti anche 15-20 minuti al giorno per produrne abbastanza. Tuttavia ci sono dei momenti nel corso dell’anno, come l’inverno, in cui la superficie di pelle esposta al sole è molto ridotta. Inoltre, in quei mesi il sole è troppo basso per produrre abbastanza vitamina D. Pertanto occorre monitorare la quantità di vitamina D nel sangue con delle analisi, soprattutto per quelle fasce di popolazione, come le donne in menopausa, soggette a forte rischio di osteoporosi.
Infine merita di essere menzionata anche l’ipotesi per cui l’alto contenuto di proteine di origine animale produrrebbe una carica acida la quale, per poter essere contrastata, richiederebbe l’estrazione di calcio dalle ossa per poter neutralizzare il Ph. In parole semplici l’alto contenuto di proteine animali produrrebbe la decalcificazione delle ossa ed aumenterebbe il rischio di osteoporosi e fratture. Solo una dieta alcalina sarebbe protettiva della salute delle ossa.*2+ Nonostante quest’ipotesi ha una plausibilità biochimica ed epidemiologica, uno studio-rassegna più recente sembra smentirla. [3] I dati sono dunque contrastanti e non possiamo ancora trarre delle conclusioni certe.
In conclusione, è perfettamente possibile avere un’alimentazione completa ed equilibrata utilizzando esclusivamente fonti di calcio di origine vegetale. Gli alimenti più ricchi di calcio sono il sesamo e le verdure a foglia verde. Per massimizzare l’assorbimento del calcio occorre evitare il fumo, alcool, caffè e ridurre il consumo di sodio. Occorre anche un adeguato apporto di vitamina D. Il consumo di proteine di origine animale potrebbe contribuire alla perdita di calcio ed all’osteoporosi.
Ferro
Gli studi sull’alimentazione dei vegetariani e vegani ci mostrano che essi, al contrario di quanto si potrebbe immaginare, assumono più ferro degli onnivori [1,2]. Questo si deve al fatto che il ferro è presente in un gran numero di alimenti di cui molti di origine vegetale. Tuttavia il ferro di origine vegetale è meno biodisponibile di quello che si trova nelle carni, ciò significa che a parità di quantità ingerita, ne viene assorbita una dose minore. Per questo motivo le scorte di ferro dei vegetariani e vegani sono generalmente inferiori rispetto a quelle degli onnivori, pur rimanendo nel range ottimale [2]. Il risultato finale è che la percentuale di individui con carenze di ferro è abbastanza simile tra vegani ed onnivori, pur essendo leggermente maggiore tra i vegani [2]. Nei vegetariani e nei vegani, infine, si osservano degli adattamenti di lungo periodo che ottimizzano il metabolismo del ferro migliorando l’assorbimento e diminuendo le perdite *3+.
Il ferro di origine vegetale è soggetto a fattori che ne favoriscono o ne inibiscono l’assorbimento. Per questo motivo, più che concentrarci sul consumo di super-alimenti, dovremmo cercare di eliminare i fattori che diminuiscono l’assorbimento del ferro, e favorire quelli che lo incentivano.
Tra i fattori che favoriscono l’assorbimento del ferro c’è la vitamina C: se accompagnamo un pasto ricco di ferro, come un piatto di lenticchie, con un alimento ricco di vitamina C, come un’arancia, una limonata, un kiwi o un’insalata con dei peperoni crudi, aumenteremo la quantità di ferro effettivamente assorbita. La vitamina C è molto fragile: si degrada con il calore e con l’esposizione all’aria: si raccomanda quindi di consumare gli alimenti ricchi di vitamina C crudi e senza far trascorrere troppo tempo dopo averli sbucciati e tagliati.
I fitati, invece, sono tra le sostanze che inibiscono l’assorbimento del ferro. Essi sono contenuti soprattutto nei cereali integrali, negli spinaci, nei legumi, tuttavia ci sono dei metodi per “disinnescare” l’azione negativa dei fitati. Nel caso dei legumi si ha un effetto positivo lasciandoli in ammollo prima della cottura, oppure facendoli germogliare. Nel caso dei cereali, come il grano, si può favorire l’assorbimento del ferro mediante una fermentazione lenta, come nel caso del pane prodotto con la pasta madre. Altri tipi di fermentazione che favoriscono l’assorbimento del ferro sono quelli impiegati nella produzione del miso o del tempeh.
Altri alimenti che ostacolano l’assorbimento del ferro sono: il tè, il caffè, il cacao, i cibi molto ricchi di calcio e di fibre, anche se questi ultimi hanno un effetto limitato.
Con queste premesse possiamo adesso osservare quali sono gli alimenti di origine vegetale più ricchi di ferro [4]: soia, sesamo, fagioli, tofu, pomodori secchi, lenticchie, amaranto, fave, germe di grano, prezzemolo, anacardi, patate cotte con la buccia, bietole, spinaci, piselli, arachidi, portulaca. Sono inoltre in commercio numerosi prodotti arricchiti di ferro: cereali per la colazione, farina di grano, pasta e riso.
Magnesio
Il magnesio è un nutriente tipico degli alimenti vegetali. Le statistiche indicano che le popolazioni occidentali sono molto esposte ad intakes inadeguati di magnesio [1,2].
Alimenti comuni ricchi di magnesio: crusca di grano, semi di zucca, cacao amaro in polvere, semi di lino, noci brasiliane, semi di sesamo, anacardi, soia, mandorle, pinoli, amaranto, germe di grano, grano saraceno, noci, pomodori secchi, fagioli bianchi, arachidi.
Spezie che, nonostante si usino in piccole quantità, sono così ricche di magnesio da costituire una fonte rilevante: basilico, foglia di coriandolo, erba cipollina, menta, aneto, salvia, prezzemolo, semi di finocchio, origano.
[1] Elmadfa I, Meyer A, Nowak V, et al. European Nutrition and Health Report 2009. Forum Nutr. 2009;62:1-405. doi:10.1159/000242367. [2] USDA Agricultural Research Service. Population adherence to average nutrient requirements in United States. 2004. Available at: http://www.ars.usda.gov/Services/docs.htm?docid=15672.
Folati o vitamina B9
I folati (anche detti vit. B9) sono un’intera classe di sostanze che vengono ridotte dall’organismo alla forma più semplice, l’acido folico. La cottura distrugge dal 50 al 95% dell’acido folico; anche l’esposizione alla luce solare distrugge il contenuto di folati.
I cibi più ricchi di folati sono i legumi. Tra quelli appartenenti alla cultura mediterranea: ceci, fagioli neri, fagioli dall’occhio (cowpeas), lenticchie, fave, lupini, piselli. Altri legumi ricchi di folati sono: fagiolini lunghi (yardlong), mothbeans, fagioli mung, fagioli adzuki, fagioli lima, soia, arachidi. Da ricordare anche: semi di girasole, spinaci e rape.
Sono inoltre in commercio alimenti amidacei fortificati con folati, come pasta, riso e farine di mais.
Acidi grassi omega 3
Gli acidi grassi omega 3 sono essenzialmente di tre tipi: EPA e DHA che si trovano praticamente solo nel pesce e nell’olio di pesce; e poi c’è l’ALA (acido α-linolenico) che si trova in diversi alimenti vegetali. L’ALA è il precursore di EPA e DHA, cioè a partire dall’ALA il nostro corpo è capace di ricavare gli altri due, attraverso processi enzimatici di elongazione e desaturazione. L’efficienza della conversione è migliore se le quantità di w-6 assunte con la dieta non sono eccessive.
Tra le ragioni che spingono ad evitare il consumo di pesce, oltre alle motivazioni etiche, c’è la volontà di evitare il consumo di elementi tossici, come i metalli pesanti, che si bioaccumulano nei pesci predatori.
Gli alimenti vegetali più ricchi di ALA sono: olio e semi di lino, semi di chia, olio di canola (colza), olio di soia, soia, noci, olio di mais, fagioli bianchi navy, semi di zucca, avocado. Modeste quantità anche nelprezzemolo ed origano secchi.
In commercio si trovano anche diversi alimenti fortificati con ALA, come margarine, creme di arachidi e bevande a base di soia.
Un’altra opzione sono gli oli ricchi di DHA prodotti a partire dalle microalghe. Anche questi si trovano in commercio come integratori [1].
Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla pagina dedicata agli Acidi grassi essenziali sul sito scienzavegetariana.it [2].
Zinco
L’assorbimento dello zinco è ostacolato dagli alimenti ricchi di fitati e da quelli ricchi di calcio.
Gli alimenti più ricchi di zinco sono: germe di grano, semi di zucca interi o sbucciati, lievito secco, semi di sesamo, crusca di grano, basilico secco, pinoli, timo, anacardi arrostiti, semi di girasole arrostiti, soia, tahini, arachidi, semi di lino, Marmite, grano duro, avena, fagioli, lenticchie rosse, piselli, lenticchie, mandorle, noci, grano, ceci.
Proteine
Quello della carenza di proteine nelle diete vegetali è un falso mito ormai superato. Deriva da una congettura erronea: vegetariano = senza carne, carne = proteine, quindi vegetariano = senza proteine. Nessuna persona ben informata pensa più che i vegetariani e vegani siano a rischio di deficit proteico, a patto che seguano un’alimentazione variata. Per completezza e divulgazione affrontiamo qui l’argomento.
Numerosi alimenti vegetali contengono proteine in quantità sufficiente a soddisfare i fabbisogni giornalieri. Un’alimentazione bilanciata dal punto di vista delle proteine è un’alimentazione che comprende quantità sufficienti di tutti gli amminoacidi essenziali (gli amminoacidi sono i “mattoni” che costituiscono le proteine). Alcuni amminoacidi sono più presenti nei legumi, altri nei cereali, per questo motivo un’alimentazione completa deve combinare entrambi, nello stesso pasto oppure nell’arco della giornata. È inoltre importante non fossilizzarsi su un solo tipo di legume o cereale, bensì mangiarli tutti nel corso di un menù settimanale variegato.
Tra gli amminoacidi, la lisina è quello tendenzialmente più scarso in un’alimentazione vegana. Per questo motivo l’American Dietetic Association (ora Academy of Nutrition and Dietetics), nella sua posizione ufficiale sulle diete vegetariane, consiglia di ricorrere ai legumi ed ai derivati della soia per un corretto apporto [1].
Gli alimenti di origine vegetale più ricchi di proteine sono: soia, lenticchie, fave, arachidi, piselli, fagioli, ceci, semi di sesamo, semi di zucca, avena, amaranto, pasta di grano duro, pane.
Vitamina E (tocoferolo)
Alimenti ricchi di tocoferolo (vit. E): olio di germe di grano, olio di girasole, olio di mandorle, peperoncino in polvere, semi di girasole, olio di cotone, paprika, olio di vinaccioli, mandorle, curry, origano secco, olio di canola (colza), olio di palma, olio di arachidi, nocciole, olio d’oliva, basilico secco, pinoli, prezzemolo secco, arachidi crude, olio di soia, salvia, timo.
Fonte: Nutrizione Consapevole
[1] Craig, Winston, J., Mangels, Ann, R., Craig, W. J., & Mangels, A. R. (2009). Position of the American Dietetic Association: vegetarian diets. Journal of the American Dietetic Association, 109(7), 1266–82. doi:10.1016/j.jada.2009.05.027
[1] Heaney, R. P. (2006). Absorbability and utility of calcium in mineral waters. Am J Clin Nutr, 84(2), 371–374. Retrieved from http://ajcn.nutrition.org/content/84/2/371.full [2] Barzel, U. S., & Massey, L. K. (1998). Excess Dietary Protein Can Adversely Affect Bone. J. Nutr., 128(6), 1051– 1053. Retrieved from http://jn.nutrition.org/content/128/6/1051.short [3] Fenton, T. R., Tough, S. C., Lyon, A. W., Eliasziw, M., & Hanley, D. A. (2011). Causal assessment of dietary acid load and bone disease: a systematic review & meta-analysis applying Hill’s epidemiologic criteria for causality. Nutrition Journal, 10, 41. doi:10.1186/1475-2891-10-41
[1] Davey GK, Spencer EA, Appleby PN, Allen NE, Knox KH, Key TJ. EPIC-Oxford: lifestyle characteristics and nutrient intakes in a cohort of 33 883 meat-eaters and 31 546 non meat-eaters in the UK. Public Health Nutr. 2003;6(3):259-69. doi:10.1079/PHN2002430. [2] Messina V, Mangels R, Messina M. The Dietitian’s Guide to Vegetarian Diets: Issues and Applications. Sudbury, MA: Jones and Bartlett Publishers; 2004. [3] Craig, Winston, J., Mangels, Ann, R., Craig, W. J., & Mangels, A. R. (2009). Position of the American Dietetic Association: vegetarian diets. Journal of the American Dietetic Association, 109(7), 1266–82. doi:10.1016/j.jada.2009.05.027 [4] USDA National Nutrient Database.http://ndb.nal.usda.gov/ndb/nutrients/index
[1] Doughman, S. D., Krupanidhi, S., & Sanjeevi, C. B. (2007). Omega-3 fatty acids for nutrition and medicine: considering microalgae oil as a vegetarian source of EPA and DHA. Current Diabetes Reviews, 3(3), 198–203. Retrieved from http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/18220672 [2] http://www.scienzavegetariana.it/medici/acidigrassi.html