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California Sport & Fitness – maggio 1997

Al recente Congresso Mondiale della Scienza dell’Alimentazione, sulla base di numerosi studi statistici, è stato dimostrato che la dieta ipocalorica per il control­lo del peso non funziona e che anzi le persone sovrappeso che più volte hanno seguito programmi dietetici restrittivi nel corso di vari anni, alla fine si sono ritro­vate più grasse di quelle persone, altrettanto sovrappeso, che non si sono mai messe a dieta. Conclusione degli scienziati: è necessaria una dieta normocalorica equilibrata abbinata ad un programma di attività fisica costante, ovvero si è sempre più grassi non perché si mangia di più, ma perché ci si sposta sempre di più in automobile. Quindi, volete dimagrire? Un paio di scarpette da ginnastica ed una tuta e subito in palestra o a correre nel parco!

Ma perché le diete non funzionano?

Secondo Michael Colgan (Optimum Sport Nutrition) esistono tre problemi fonda­mentali con i programmi dietetici che non seguono le nozioni della Scienza dell’Alimentazione: 1) mirano ad una riduzione di peso, mentre l’approccio corret­to sarebbe ridurre il grasso corporeo; 2) diminuiscono i muscoli che sono la com­ponente maggiore del corpo che “brucia” il grasso; 3) le perdite di peso sono così veloci che portano il corpo ad una condizione di difesa tanto che lo stress “mantiene” il grasso. Infatti l’organismo tende a conservare il tessuto adiposo in quanto lo considera un prezioso deposito di energia di riserva.

Dal momento che il grasso è importante, il corpo lo rilascia eliminandolo molto lentamente; infatti quanto più uno si sforza di ridurlo, tanto più il corpo oppone resistenza. Questo avviene perché il corpo scambia la mancanza di calorie come una situazione di carenza alimentare (non capisce che ci siamo messi a dieta apposta per dimagrire) e tende piuttosto a catabolizzare il tessuto muscolare (una sorta di autocannibalismo) cercando di preservare il grasso nella maggior parte possibile. Nelle anoressiche che sopravvivono con poco più di 500 calorie al giorno non è raro trovare percentuali di grasso superiori al 30% cioè tecnicamente sono obese. Questo è dovuto al fatto che con un simile regime alimentare c’è un grande catabolismo a livello muscolare con conseguente riduzione del metabo­lismo basale e tendenza a preservare il grasso corporeo.

Nel momento in cui la quantità di grasso perduta supera i 200/250 grammi alla settimana, il corpo fa scattare quei meccanismi di difesa atti a proteggere il grasso. Queste modifiche biochimiche e metaboliche che si attivano per vanificare gli sforzi di chi vuol dimagrire, permangono anche dopo che si interrompe la dieta, con il risultato che si recupera in poco tempo tutto il grasso perso con anche gli interessi.

Quindi ciò che è importante è seguire un piano nutrizionale corretto che porti gradualmente l’organismo ad adattarsi ai nuovi e più bassi livelli di grasso corporeo, praticando costantemente attività fisica, la quale stimola in maniera diretta il metabolismo basale, ed in maniera indiretta, mantenendo o incrementando le masse muscolari.

La percentuale ottimale di grasso per un uomo è tra il 9 e il 12%, per una donna tra il 12 e il 15%. Questa percentuale può e deve essere mantenuta tranquilla­mente tutto l’anno con un beneficio notevole sia dal punto di vista della salute che dal punto di vista della prestazione.

Ma dal punto di vista dell’estetica? Ed ecco che ritroviamo il nostro grasso localiz­zato.

Quando si parla di percentuale di grasso corporeo si intende la quantità di grasso presente in tutto il corpo, senza tenere conto se esistono zone dove esso è quasi assente ed altre dove invece è più concentrato.

Esistono vari metodi per la misurazione della percentuale del grasso corporeo: impendenziometria; infrarossi; immersione in acqua; mineralometria ossea computerizzata (MOC), plicometria; ma la maggior parte di questi metodi non dà informazioni sulla sua distribuzione.

Solo con la MOC si può avere un’idea della percentuale di grasso nei distretti principali (arti superiori, tronco, arti inferiori) e le formule della plicometria normalmente utilizzano punti di repere (dove cioè si pinza e si misura con una specie di calibro lo spessore pelle-grasso) che non comprendono sedi di accumulo preferenziale, quali basso gluteo, fianchi e parte interna del ginocchio.

Queste zone normalmente non sono prese in considerazione perché non sono correlate a specifici problemi di salute come invece il grasso a livello addominale; che è strettamente correlato a malattie dismetaboliche quali diabete, ipertensione ed aterosclerosi. Ma dal momento che a noi queste zone interessano dal punto di vista estetico, una volta raggiunta la percentuale di grasso accettabile, utilizzere­mo il plicometro per monitorare quelle zone critiche e non ragioneremo più in termini di percentuale di grasso, ma bensì in millimetri di spessore.

Ma come mai esistono delle zone di accumulo preferenziale del grasso corporeo? Gli orientamenti nervoso-ormonali hanno un ruolo fondamentale nel tipo di distribuzione dell’eccesso di adipe. Precedentemente abbiamo già accennato all’azione svolta dagli ormoni sessuali che esercitano un’azione permissiva nei confronti dell’insulina che è il vero ormone ingrassante.

Il testosterone esercita questa azione sui recettori dell’addome, gli estrogeni sui recettori delle cosce e glutei. Per questa ragione la tipica distribuzione a “mela” di tipo androide è caratteristica soprattutto del sovrappeso maschile localizzato al tronco e la tipica distribuzione a “pera” di tipo ginoide è caratteristica del sovrap­peso femminile localizzato agli arti inferiori.

Analogamente la secrezione di prolattina (ormone secreto durante l’allattamento) determina la riduzione dell’enzima lipogenetico (che forma il grasso) nel grasso di deposito localizzato su cosce e glutei e determina inoltre un aumento dei recettori per l’insulina nel grasso mammario causando, tra l’altro, il caratteristico aumento del seno.

Praticamente durante la gravidanza l’elevato livello di estrogeni circolante aumen­ta il numero dei recettori per l’insulina nei fianchi e se poi, come spesso accade in questo periodo, si indulge un po’ troppo sul consumo di dolci, ecco che, essendo questi ultimi ricchi di zuccheri semplici, stimolano a loro volta l’insulina col risul­tato di un bel aumento di grasso nella zona dei fianchi (ricordate: è sempre l’insu­lina l’ormone “grassogeno”). Questo grasso di deposito servirà poi come riserva energetica durante l’allattamento e in questo periodo la sede privilegiata del depo­sito energetico sotto forma di grasso diventa il tessuto mammario, dove viene utilizzato direttamente per la produzione di latte.

Un altro esempio dell’influenza esercitata dagli ormoni sulla distribuzione del grasso corporeo è dato dalla Sindrome di Cushing. In questa malattia le ghiandole surrenali producono una quantità abnorme di cortisolo alla quale segue una distribuzione del grasso che interessa elettivamente il viso, il collo e il tronco e risparmia gli arti. Ma non è necessario portare un esempio di patologia, perché è stato dimostrato che anche il cortisolo che viene rilasciato semplicemente come conseguenza dello “stress”, può far sì che il grasso si depositi intorno alla vita.

Il cortisolo prodotto dalle ghiandole surrenali, come risultato della famosa reazio­ne “attacca o scappa” può far si che il grasso si depositi attorno alla vita. Cioè in parole povere lo “stress” tramite il cortisolo mette subito in circolazione molti zuc­cheri (anche trasformando le proteine dei muscoli in glucosio) indispensabili come energia di pronto utilizzo per affrontare l’emergenza (p.es. questi zuccheri si rive­lano molto utili quando ci si trova di fronte ad una tigre affamata appena fuggita dallo zoo … si narra di record di velocità non però omologati), ma se questi zuccheri non vengono utilizzati a scopo energetico, ecco che l’insulina li va a depositare sotto forma di grasso, soprattutto a livello addominale, cioè in quella zone dove poi più facilmente possono essere riutilizzati a scopo energetico (nell’addome, soprattutto a livello viscerale, c’è abbondanza di recettori per la lipasi ormono-sensibile che è un enzima lipolitico, cioè che brucia i grassi). Purtroppo però lo stimolo cronico   di ipercortisolemia  induce una resistenza dei recettori b-adrenergici che sono i recettori lipolitici comuni per tutti gli ormoni delle surrenali (cortisolo, adrenalina, noradrenalina) che fa sì che nel tempo, negli anni, questo accumulo di grassi sia difficilmente reversibile.

La dimostrazione è venuta da uno studio che ha coinvolto 42 donne con un diver­so tipo di distribuzione del grasso: alcune ne avevano di più sui fianchi e sui glutei, altre sulla vita. E’ stato poi chiesto loro di svolgere sei attività stressanti nell’arco di un’ora. Analizzando la loro saliva si è visto che le donne con la vita più larga avevano prodotto più cortisolo. Quando sono state analizzate le loro personalità si è scoperto che queste ultime erano più sensibili allo stress, perdevano il controllo prima e si arrabbiavano più facilmente. Quindi il cortisolo sul metabolismo lipidico ha la duplice funzione: un effetto lipolitico diretto e immediato per fornire energia sottoforma di acidi grassi ed un eventuale effetto lipogenetico indiretto mediato dall’insulina in seguito ad iperglicemia indotta dalla neoglucogenesi stimolata dal cortisolo ed una prolungata ipercortisolemia induce una resistenza alla lipolisi probabilmente diminuendo la sensibilità dei b- recettori ed aumentando la quantità del a-2 inibitori formando così un tessuto adiposo meno reattivo allo stress. Anche il testosterone ha una duplice  azione nei confronti del tessuto adiposo: esercita un effetto lipolitico generalizzato ma senza dubbio ha un effetto permissivo sull’insulina riguardo l’accumulo di grasso a livello addominale però nello stesso tempo con livelli di insulina bassi e GH alto favorisce la perdita  di grasso a livello addominale. C’è da aggiungere tra l’altro che le donne con obesità addominale presentano un aumentato livello di testosterone e quindi hanno più caratteristiche androgene. A questo punto è facile capire come le modificazioni ormonali possano influire sull’accumulo di grasso e sulla massa muscolare. Il cortisolo diventa l’incriminato numero “uno” dato il suo effetto catabolico distruttore di muscoli che trasforma in zuccheri ed il suo effetto alla lunga ingrassogeno. Di conseguenza attenzione allo stress cronico indotto da eccessivi allenamenti e scarso recupero.

Maniaci del Fitness, ricordate questa equazione:

Superallenamento = stress = – muscoli + grasso

Riepilogando possiamo quindi affermare che la disposizione del grasso sottocuta­neo permette la suddivisione morfologica in due prevalenti categorie: l’androgeno con accumulo di grasso soprattutto a livello del tronco e la ginoide con accumulo soprattutto negli arti inferiori.

I due modelli di sovrappeso differiscono, oltre che per una netta distinzione morfologica, anche per un diverso orientamento neuro-endocrino-metabolico. Nella forma ginoide esiste soprattutto un rallentamento del metabolismo ossidativo dei grassi e la potremmo definire “ipolipolitica” (brucia poco i grassi). In poche parole questa persona non è una grande mangiatrice, ingrassa lentamente e progressivamente soprattutto nei glutei e nelle cosce e quando si mette a dieta cala pochissimo e quasi niente a livello degli arti inferiori.

Nella forma androgena esiste soprattutto un iperinsulinismo in risposta all’ipercor­tisolismo (il cortisolo a1za la glicemia che stimola la produzione di insulina) e la potremmo definire –“iperlipogenetica” (che costruisce molto i grassi). In parole povere queste persone sono delle mangiatrici che se si mettono a dieta hanno dei buoni risultati. Il problema è che per queste persone è difficile seguire una dieta perché si “stressano” facilmente.

Ma a questo punto, assodato che gli ormoni influenzano la distribuzione del grasso corporeo, è d’altra parte vero che la composizione quali-quantitativa della dieta è in grado di influenzare la produzione ormonale. Questo.significa che attra­verso determinate manipolazioni dietetiche è possibile influenzare la distribuzione del grasso corporeo.