Al suo interno sono presenti un mix di sostanze antiossidanti come vitamina C, polifenoli e carotenoidi.
Non dimentichiamoci ovviamente della capsaicina, la caratteristica molecola responsabile della sua piccantezza contenuta nella rossa bacca.
Avete ormai capito che stiamo parlando, naturalmente, del peperoncino piccante.
Proprio un rapporto pubblicato poco più di un anno fa, sul Journal of the American College of Cardiology, riporta che il consumo regolare di peperoncini piccanti è associato a un minor rischio di morire per malattie cardiovascolari o qualsiasi altra causa, indipendentemente da fattori di rischio CVD o aderenza a una dieta in stile mediterraneo.
Questo studio ha comportato un’analisi longitudinale di 22.811 partecipanti iscritti allo Studio Moli-sani dal 2005 al 2010 e utilizzando l’indagine prospettiva europea col questionario sulla frequenza del consumo degli alimenti per la valutazione dello sviluppo del cancro, il consumo di peperoncino tra i partecipanti è stato classificato come: mai-raramente, fino a 2 volte a settimana, 2-4 volte a settimana e oltre 4 volte a settimana.
Durante un follow-up medio di 8,2 anni, 1236 persone sono morte, principalmente per malattie cardiovascolari, malattie cardiache ischemiche/malattie cerebrovascolari, oltre che per cancro e altre cause.
Rispetto a coloro che raramente o mai hanno consumato peperoncini, coloro che li hanno mangiati più di 4 volte a settimana avevano un rischio inferiore del 23% di mortalità per tutte le cause e un rischio inferiore del 34% di mortalità CVD.
Il consumo regolare di peperoncini è stato anche inversamente associato alla morte per malattie cardiache ischemiche e malattie cerebrovascolari rispetto al consumo mai / raro di peperoncini.
La protezione osservata dal rischio di mortalità è risultata indipendente dal tipo di dieta seguita dai partecipanti e l’apparente effetto protettivo sembrava più forte in quelli senza ipertensione.
In altre parole, a prescindere dal fatto che qualcuno seguisse la sana dieta mediterranea, oppure no, il fattore discriminante per tutti era che il peperoncino ha un effetto protettivo.
Nonostante i limiti dello studio, sia per l’oggettiva difficoltà ad escludere i fattori confondenti, oltre che per il grado di piccantezza, e dunque del contenuto di capsaicina, che può variare in maniera molto significativa tra una varietà e l’altra, oltre che alla quantità effettivamente da consumare (e non bene specificata) i ricercatori tuttavia riportano che i loro risultati supportano quelli di due precedenti studi di coorti non mediterranee.
In precedenza un ampio studio ha scoperto che il consumo regolare di cibi piccanti riduceva il rischio di mortalità del 14% e la morte per malattie cardiache ischemiche del 22%.
Inoltre, recenti dati del National Health and Nutrition Examination Survey degli Stati Uniti hanno rilevato che il consumo regolare di peperoncino rosso piccante era associato ad una riduzione del 13% del rischio totale di mortalità.
Ovviamente questi studi ci insegnano che ciò che sembra essere più vantaggioso è il modello alimentare più vario possibile e ricco di spezie, piuttosto che qualsiasi specifico cibo.
La dieta mediterranea vera, che è ricca di cereali integrali, frutta, verdura, legumi, spezie, olio Evo e con moderata assunzione di carni magre, pesce e di vino rosso, è ricca di fitochimici benefici.
Perciò, l’adozione della dieta mediterranea originale ha molte più probabilità di ridurre il rischio cardiovascolare rispetto all’aggiunta di solo peperoncino o salsa Tabasco a qualsiasi altra “malsana” dieta occidentale.
Ovviamente il peperoncino è per molti, ma non per tutti, dato che sicuramente è da limitare, se non evitare completamente, da coloro che soffrono di ulcera gastrica, reflusso gastroesofageo, colon irritabile, emorroidi, malattie infiammatorie intestinali in fase acuta, oltre che dalle donne in gravidanza.
Take Home message: quello che mangiamo ci può far ammalare o, al contrario, prolungarci la vita in salute.