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IN MEMORIA DI ART ZELLER

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Sportman & Fitness – agosto 1999

ART ZELLER : il più grande fotografo di body building di tutti i tempi

Avevo saputo della malattia di Artie prima delle vacanze di Natale da Alex Ardenti, il quale aveva sentito delle voci. Poco dopo ebbi la conferma della gravità della malattia di Artie da Samir Bannout e quindi trovai il coraggio di telefonargli per salutarlo personalmente ed avere notizie direttamente da lui. Mi rispose lo stesso Artie. Il suo tono di voce era calmo e rasserenante mentre mi raccontava tutta la storia dei sintomi e della scoperta della sua malattia, solo qualche tenten­namento quando si chiedeva il perché doveva essere successo a lui che non fumava, non beveva, mangiava cibi salutari e si teneva in forma, proprio ora che anche economicamente poteva godersi la sua vita da pensionato di lusso. Una domanda che ovviamente non poteva avere da me una risposta. Cercai di incoraggiarlo  spiegandogli  che la sua malattia  (un carcinoma al pancreas) che come lui  ben  sapeva  di solito  ha una prognosi  infausta  nel giro di un anno,  in  una  certa  percentuale  di  casi si presenta  invece in una forma con una probabilità di sopravvivenza a lungo termine. Sentii Artie ancora un paio di volte e ad una prima notizia negativa, la presenza di una metastasi al fe­gato, seguì una notizia positiva: aveva iniziato la chemioterapia e si sentiva molto meglio. Poi sempre da Alex seppi del peggioramento. Artie non parlava più con nessuno. Provai a chiamarlo ancora, ma questa volta mi rispose la moglie Josephine, dicendomi che Art stava “molto male” e non voleva parlare con nessuno. Poco dopo seppi della sua morte.

Art Zeller per me è stato un grande amico ed io scherzando lo chiamavo il “mio papà americano”. Era la prima persona che chiamavo appena arrivato a Santa Monica ed il mio primo appuntamento era con lui al World Gym. Art era molto metodico e preciso e anche premuroso, cercava di compensare la mia naturale distrazione ricordandomi gli appuntamenti, consigliandomi gli acquisti, accompagnandomi perfino all’agenzia viaggi per prenotare la migliore vacanza alle Hawaii. Artie mi insegnava a fare le fotografie spiegandomi le inquadrature e correggeva il mio inglese a volte un po’ approssimativo. Ormai da anni c’erano degli appuntamenti fissi con lui: la serata a casa sua a vedere la proiezione delle sue diapositive; il pranzo da “Schwatzi on the Main” (il ristorante di Arnold) e la cena al “Moon Shadow” a Malibù con Samir e gli altri amici italiani che in quel momento erano a Santa Monica.

Finito il mio allenamento al World Gym, mentre Artie aspettandomi faceva due chiacchiere con Brad Harris, noto interprete dei films di Maciste negli anni ’60, andavamo a consumare il Breakfast al “Café Rose” dopodiché una visita al Gold’ s Gym, dove sempre grazie ad Art Zeller trovavo le porte spalancate. Devo senz’ altro riconoscere che la mia credibilità a Santa Monica derivava, a parte le lettere di accredito di Sportman e la mia quindicinale e costante presenza, soprattutto dalla mia grande amicizia con Art Zeller, amicizia che mi fruttò un’intervista di quattro pagine per Muscle Mag e l’onore, condiviso con Cinzia, di posare per lui in un servizio fotografico dal quale ne uscì una copertina di Sportman, un articolo su Oxigene e un inserto speciale con 23 foto su “Sport & Fitness’ (Germania).

Sorrido ricordando quando salendo sulla BMW, sempre la stessa dopo 15 anni, regolarmente sbattevo la portiera, e lui “paternalisticamente” mi diceva: “always the same, Massimo” (sei sempre il solito Massimo) e mi mostrava come chiudere la portiera senza sbatterla, sistema che gli avrebbe evidentemente permesso di far sopravvivere la macchina a lui stesso.

Art Zeller mi era così amico che tutti i miei amici potevano godere della sua disponibilità; ne possono testimoniare Jonny Bloisi, Enrico Veronese, Fabrizio Martinetto. Quest’ultimo forse è stato l’ultimo atleta ad avere l’onore di fare un servizio fotografico col “mitico” Art Zeller, che lo aveva apprezzato e preso in simpatia in occasione della sua vittoria al “Muscle Beach Contest” a Venice.

Quest’ anno sono ritornato a Santa Monica, ma senza Artie non è più la stessa cosa; stanno anche trasferendo il World Gym. Arnold si lamentava con Joe Gold del fatto che la palestra non stava facendo buoni affari e quindi la stanno trasferendo in un posto più piccolo e meno caro. Hanno aperto recentemente una grande Power House Gym proprio sulla Main, la stessa strada della World Gym. E’ una palestra super-attrezzata, gestita in maniera professionale e all’a­vanguardia, dotata di un servizio interno di consulenti nutrizionali e Personal Trainers, sconti e promozioni per i nuovi clienti ed un marketing in generale molto aggressivo. Senz’ altro farà con­correnza anche alla Gold’s Gym, ma chi ne ha risentito di più è proprio la World Gym, rimasta fedele alla tranquilla gestione di Joe Gold, alla terrazza all’ aperto e alla sala pesi senza musica. Ma Arnold “wants make money”, gli affari sono affari e l’America è la terra del “business”, dove non c’è posto per il vecchio e ci vuole sempre il nuovo, e Joe Gold a settant’anni trasloca.

lo non so più se andrò ancora al World Gym, ora che non c’è più nemmeno Art Zeller, anzi non so nemmeno se andrò più in California perché io mi sento legato di più a quella “vecchia”.

Ma oggi è una giornata triste… dopotutto domani è un altro giorno.