Aggiungere alla dieta vitamina D può prevenire la morte precoce per cancro e malattie cardiache, almeno secondo uno studio pubblicato sul British medical journal. Dice Paolo Boffetta, direttore dell’Institute for translational epidemiology al Tisch cancer institute al Mount Sinai medical center di New York e coautore dell’articolo: «L’analisi dei dati raccolti mostra una forte associazione tra bassi livelli di vitamina D e rischio di morte per qualsiasi causa, ma anche per malattie cardiovascolari e cancro». La fonte principale di colecalciferolo è la produzione da parte della cute in risposta all’irraggiamento solare, e grazie alle condizioni atmosferiche le concentrazioni variano nelle popolazioni di tutto il mondo. La carenza vitaminica è comune tra gli anziani, spesso meno esposti al sole, ma non è chiaro finora quale effetto abbia la sua concentrazione sulla mortalità generale. Per approfondire l’argomento i ricercatori hanno studiato la correlazione tra livelli di vitamina D e decessi per tutte le cause, malattie cardiovascolari e cancro usando i dati di sette coorti statunitensi ed europee e prestando particolare attenzione alle differenze tra Paesi, sesso ed età. Tutti i partecipanti allo studio erano di età compresa tra 50 e 79 anni, e nei 16 anni di follow-up ci sono stati 6.695 morti in 26.018 pazienti, di cui 2.624 per malattie cardiovascolari e 2.227 per cancro. «Dai dati raccolti emerge che bassi livelli di vitamina D si associano a un aumento della mortalità sia cardiovascolare sia per cancro nelle persone con precedente storia di malattia» osserva il ricercatore, sottolineando tuttavia che il legame tra vitamina D e mortalità era presente anche nelle persone senza malattie cardiovascolari preesistenti, ma non in quelle con anamnesi negativa per precedenti neoplasie. «Questi risultati dimostrano un importante ruolo della vitamina D nella prognosi del cancro, anche se non è possibile escludere del tutto la causalità inversa, cioè che il cancro avrebbe potuto portare a bassi livelli di colecalciferolo» osserva Boffetta. E conclude: «Se i dati saranno confermati si potrebbe giungere a raccomandare una maggiore integrazione di vitamina D negli alimenti».
BMJ 2014; 348. doi: http://dx.doi.org/10.1136/bmj.g3656